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Un anticipo di deflazione

di Davide Tabarelli

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18 Dicembre 2008

L'eccezionalità del momento per il mercato petrolifero è confermata dalla decisione Opec di tagliare il tetto produttivo di 2,2 milioni di barili giorno, la riduzione più forte mai apportata da quando, nel lontano 1982, venne introdotto il sistema delle quote.
La decisione viene peraltro dopo soli due mesi dal taglio precedente di 1,5 milioni di barili al giorno. Con prezzi che sono crollati da 150 agli attuali 40 dollari, il cartello mostra ancora una volta la propria incapacità nel manovrare il mercato che, mai come in questi ultimi mesi, dipende da fattori al di fuori del suo controllo e distanti dai fondamentali.
Come sono lontani gli anni 70, quando i vertici dell'Opec sancivano i prezzi ufficiali del barile, allora sempre in crescita, che poi sarebbero durati per mesi o anni. Allora la produzione Opec, in termini assoluti non distante dagli attuali 31 milioni di barili al giorno, contava per oltre il 50% del totale, quota oggi scesa al 37 per cento. Allora non esistevano Borse merci con contratti a termine (futures) dove, come accade oggi, si fissano i prezzi nell'arco dei minuti e dove si è scaricata tutta l'instabilità finanziaria americana.
Un anno fa, quando i prezzi viaggiavano oltre i 100 dollari, più che le decisioni, molto lente, dell'Opec di aumentare la produzione, contava l'enorme quantità di liquidità disponibile agli investitori americani, che poi ha inondato le Borse merci, in particolare quella del petrolio. I bassi interessi della Fed generavano indebitamento da destinare a investimenti finanziari, con operazioni sui contratti di acquisto di greggio il cui valore doveva crescere per compensare le forti perdite legate al mercato immobiliare. Negli ultimi mesi, la necessità di vendere per ridurre il debito delle banche è la causa principale del crollo, assieme a una pericolosa sfiducia generalizzata sui consumi futuri. Sui fondamentali, la domanda globale di quest'anno per la prima volta dal 1983 si ridurrà, ma solo di 0,2 milioni di barili al giorno, un calo dello 0,23% che difficilmente può spiegare un crollo dei prezzi del 73 per cento.
Come al solito quelle che contano sono le dinamiche del mercato americano, dove si concentra quasi un quarto della domanda mondiale e dove, soprattutto, si trova la Borsa a termine da cui dipendono tutti i prezzi del mondo, ovvero il Nymex. Le scorte sono in aumento e i consumi stanno crollando, anticipando una recessione che sarà molto pesante. Il calo della domanda americana è dell'ordine di 1,2 milioni di barili al giorno (-6% rispetto a un anno fa), con la benzina, il prodotto di gran lunga più importante, che fa segnare un calo nell'ordine del 3%, variazione anche questa che non si verificava dal lontano 1982.
Preoccupa il fatto che mentre allora il calo era giustificato dagli alti prezzi, negli ultimi mesi, invece, i consumi continuano a scendere nonostante il crollo dei prezzi alla pompa, scesi da picchi di 0,9 euro per litro della scorsa estate agli attuali 0,35 euro per litro. La domanda di carburanti è ormai completamente rigida rispetto ai prezzi; lo era un anno fa, quando i prezzi avrebbero dovuto causare una frenata dei consumi, che poi c'è stata; lo è ora, con prezzi talmente bassi che giustificherebbero una ripresa dei consumi.
Lo stesso si nota anche in Europa e in Italia. Dove, con prezzi scesi del 30% rispetto ai picchi della scorsa estate a meno di 1,1 euro per litro, la domanda di carburanti continua ad arretrare. In sostanza, per il petrolio siamo già in deflazione, con prezzi che crollano e con consumi che scendono. In passato i consumi di benzina, di cui si dispone di dati quasi istantanei, hanno anticipato spesso dinamiche generalizzate dell'economia e gli ultimi dati confermerebbero una pericolosa spirale deflazionistica accoppiata a recessione che si riteneva ormai relegata solo ai libri di storia economica.
Per l'Italia, il Paese che più dipende da importazioni di petrolio e derivati, vi saranno ovviamente effetti positivi, a cominciare dal deficit energetico che, dal record storico dei 56 miliardi di euro di quest'anno, scenderà di almeno 20 miliardi di euro, se, come probabile, i prezzi si manterranno sugli attuali valori di 40 dollari al barile. Speriamo che i consumatori italiani si accorgano di questo regalo.

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