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"L'esperimento senza dati"

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27 gennaio 2009

Nella maggior parte dei paesi avanzati, l'equivalente dell'Indagine Trimestrale ISTAT sulle Forze di Lavoro, che misura la struttura e l'andamento dell'occupazione, raccoglie an-che informazioni sulle retribuzioni di ogni singolo lavoratore. In Italia, non si sa bene perché, l'Istat non fornisce questo tipo di informazione.
Una fonte alternativa di dati è rappresentata dagli archivi dell'INPS, nei quali sono ri-portati il reddito annuo di ogni posizione lavorativa, le settimane lavorate, l'inquadramento professionale, il settore, il sesso, la data di nascita e il luogo di lavoro di tutti i lavoratori di-pendenti. Mancano, ovviamente, i dati relativi ai lavoratori non iscritti all'INPS, tra cui spic-cano in particolare i dipendenti pubblici e i lavoratori autonomi. Tuttavia, si tratta dell'universo dei lavoratori dipendenti regolari delle aziende private italiane: ossia l'universo su cui Sindacati e Confindustria in questo momento stanno trattando.
L'INPS ha reso pubblico un campione rappresentativo di questi lavoratori (sarebbe auspicabile che altri enti pubblici seguissero questo ammirevole esempio e facessero altret-tanto con i loro dati). Tale campione è stato adattato ad un uso statistico dal LABORatorio Revelli e dalla Fondazione De-benedetti . Sono dati accessibili a tutti ed in particolare a Sindacati e Confindustria che, utilizzandoli, potrebbero replicare e verificare reciprocamente le rispettive elaborazioni al fine di eliminare incertezze e ambiguità sui fatti.
Il campione INPS permette di analizzare in dettaglio i salari reali e l'andamento dell'occupazione dei lavoratori dipendenti dal 1985 al 2004, ultimo anno per il quale, pur-troppo i dati sono al momento disponibili. Più complicato ancora, come vedremo, è acquisire dati rappresentativi su produttività e profitti.
La descrizione dei dati e delle elaborazioni con le quali abbiamo generato queste schede sono disponibili su http://www.unisa.it/Facolta/Economia/docenti/pica/index.php in modo che chiunque, se vuole, abbia modo di controllarle e replicarle.



Il salario settimanale medio dei dipendenti INPS a prezzi 2006 (riquadro di sinistra Fig. 1, linea continua verde), ottenuto come somma dei redditi reali annuali guadagnati in ciascuna posizione INPS diviso per il totale delle settimane lavorate nell'anno, è inequivoca-bilmente diminuito dopo il 1992, con una leggera inversione nel 2004 che purtroppo non pos-siamo confermare per gli anni più recenti. La perdita percentuale complessiva tra 1992 e 2004 è del 4.8%.
Tuttavia, il salario del "lavoratore medio" non dipende solo dall'andamento delle re-tribuzioni, ma anche dalla composizione dei lavoratori che concorrono a creare il "lavoratore medio". Il grafico, ad esempio, mostra che il salario delle donne è sempre di oltre il 30% infe-riore a quello degli uomini e che quello degli stranieri, inizialmente pari a quello medio, de-cresce del 21% tra il 1987 e il 2004. Poiché l'occupazione maschile nell'universo INPS è rimasta praticamente costante mentre le donne e gli stranieri sono aumentati rispettivamente di 500.000 e di 1 milione di unità, le parti sociali farebbero bene a non fermarsi all'andamento della retribuzione media, in quanto questo indicatore è influenzato da impor-tanti effetti di composizione. Ad esempio, la sua diminuzione è in parte l'effetto di un benve-nuto aumento dell'occupazione femminile nel nostro paese, e il problema, se mai, è il diffe-renziale salariale tra donne e uomini, non l'andamento delle retribuzioni nel suo complesso.
Infatti, la perdita di potere d'acquisto si ridimensiona drasticamente per gli uomini il cui salario aumenta del 3.2% tra 2000 e 2004 tornando così, a fine periodo, ai livelli del 1992. Anche per le donne il trend recente è favorevole (+3.6% complessivo nel periodo 2000-2004) pur non consentendo alle lavoratrici di tornare ai livelli del 1992. Ma anche all'interno di queste due categorie esistono importanti effetti di composizione. Ad esempio, tra le donne (così come tra gli stranieri) aumenta drammaticamente il numero di posizioni a tempo parzia-le, che implicano un salario settimanale inferiore principalmente perché la quantità di lavoro prestato è inferiore. Se guardiamo ai soli salari delle posizioni a tempo pieno, nel grafico di destra, dal 1995 al 2004 i salari degli uomini e delle donne aumentano in modo ancora più consistente (5.4% e 7.4%). Persiste invece, anche tra i lavoratori a tempo pieno, la perdita di potere d'acquisto degli stranieri, forse determinata da mutamenti nei flussi migratori, compo-sti da stranieri progressivamente meno qualificati, o forse da una riduzione del potere d'acquisto degli immigrati. Paradossalmente, più che le leggi Treu (1997) e Biagi (2003), po-trebbero essere le leggi Martelli (1990), Turco-Napolitano (1998) e Bossi-Fini (2002) ad aver influenzato maggiormente l'andamento della retribuzione media, attraverso il loro effetto sul-la composizione dei flussi migratori e sul potere di negoziazione degli stranieri.

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