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Per il settore l'incognita incentivi

di Paolo Bricco

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2 gennaio 2008

Per l'automotive, come per gli altri comparti, il 2009 sarà segnato dalle scelte di politica industriale del governo Berlusconi.
Non è soltanto sull'auto che si ripercuoteranno gli effetti di queste decisioni legislative. Ma, certo, per la centralità materiale e simbolica che la Fiat continua ad avere nel sistema industriale e del potere italiano, quanto riguarderà l'auto avrà una rilevanza significativa. Archiviate le rottamazioni, che di norma utilizzano la leva fiscale, l'orientamento dell'esecutivo sembrerebbe per ora rivolto agli strumenti di eco-incentivazione. Una scelta anticipata dal ministro Claudio Scajola, in un'intervista pubblicata dal Sole 24 Ore lo scorso 27 dicembre. Una prospettiva da inquadrare all'interno di un contesto comunitario, condizione posta come ineludibile, per avviare una qualunque discussione, dallo stesso ministro dell'Economia Giulio Tremonti, titolare della «cassa», che su questa come su tutte le altre partite di sostegno al manifatturiero e alla finanza detiene, appena prima del premier, il diritto di dire l'ultima parola.
Anche se il contesto comunitario non è nitido. Tanto che, per ora, gli altri singoli Paesi si sono mossi in ordine sparso: finora solo la Francia ha annunciato un piano che prevede mille euro di aiuti per ogni sostituzione.

Dunque, alla ripresa delle attività dopo l'Epifania, il primo punto di partenza da cui ridisegnare la mappa del sostegno a un comparto produttivo che continua a valere almeno tre punti del Pil, saranno le dichiarazioni di Scajola: «Io non parlo di aiuti diretti, preferisco parlare di incentivi che si colleghino a tutto il pacchetto sul clima e sulla riduzione di consumo energetico».
In ogni caso, almeno finora, dentro alla maggioranza nessuno ha messo in discussione la linea tremontiana fondata su una netta chiusura agli aiuti diretti a questo o a quel settore. E tantomeno alla grande industria dell'auto, dal momento che un soccorso diretto e monetariamente quantificabile alla Fiat risulterebbe abbastanza incompatibile con la constituency della base elettorale berlusconiana e leghista, che resta nella sua essenza profondamente segnata dall'alleanza fra i piccoli e medi produttori industriali del Nord e le partite Iva attive in tutta Italia nell'artigianato e nei servizi.

Da Torino ricordano come le posizioni espresse da Marchionne, particolarmente attente al tema della eco-compatibilità e del risparmio energetico, vadano nella direzione di una necessità, non italiana ma tutta europea, di evitare asimmetrie di mercato strutturali, causate dal piano americano per l'auto. Dunque, per la casa produttrice ma anche per la miriade di componentisti che al di fuori del gioco della politica e della geopolitica sono interessati alle misure destinate al settore, lo sguardo è rivolto verso Bruxelles. «Dobbiamo muoverci in sintonia con l'Europa - ha ricordato Scajola l'altra settimana nella conversazione con il Sole 24 Ore - . Naturalmente dobbiamo tutti aspettare quale sarà la vera mossa degli americani».

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