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Il mito Dallara torna all'utile e assume

di Franco Vergnano

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2 gennaio 2009

In tempi di crisi dei mercati finanziari internazionali e della domanda mondiale c'è chi investe e assume. Stiamo parlando di un leader mondiale di nicchia del made in Italy, la Dallara Automobili di Varano de' Melegari, in provincia di Parma, non lontano da Bardi. Un paesino che, per un incidente dei cartaginesi vanta peculiarità storiche. A 625 metri sul livello del mare, lì dove confluiscono i torrenti Ceno e Noveglia, a circa 60 chilometri da Parma, la leggenda racconta che fu il villaggio dove morì l'ultimo degli elefanti di Annibale in marcia verso Roma. E dal nome dell'animale, "bardus" o "barrio", derivò quello del villaggio. E alla Dallara Automobili è approdato, da poco più di due anni, Andrea Pontremoli, 50 anni, che nell'autunno del 2007 si era dimesso da numero uno di Ibm Italia per iniziare appunto una nuova avventura, passando da top manager a imprenditore (sempre mantenendo una specie di "secondo lavoro", cioè le serate in discoteca, a fare il Dj).

Un paio di anni fa, quindi, il salto di Pontremoli per la nuova, grande sfida imprenditoriale: acquisisce una partecipazione significativa (di minoranza, in modo che il controllo rimanga alla famiglia) e un incarico di top manager (Ceo) nella Dallara. L'azienda parmense presieduta dal fondatore Gian Paolo Dallara, un ingegnere di 73 anni, nella quale lavora anche la figlia Angelica Dallara (madre di quattro figli), è nata nel 1972: progetta e costruisce vetture monomarca per i campionati su pista di tutto il mondo: da Indy pro series (Ips) alla Formula 3. Grazie a Gian Paolo Dallara e alla sua esperienza nell'automobilismo nazionale – da Ferrari a Maserati da Lamborghini, con la Miura, a De Tomaso – l'azienda di Varano de' Melegari ha saputo conquistare la leadership nella Formula 3 (con la quasi totalità del mercato). Oltre ad aver disegnato e costruito monoposto per la F1, la Dallara ha vinto sette volte la 500 miglia di Indianapolis e nove volte il campionato Indy racing league (Irl); progetta e costruisce vetture monomarca per i campionati Indy pro series (Ips), Renault world series e Gp2, e per i campionati F3 in tutto il mondo; ha collaborato a numerosi progetti di ricerca e sviluppo con primari brand internazionali (Ferrari, Lancia, Alfa Romeo, Audi, Toyota e Honda).

Alla Dallara chiudono i bilanci a giugno. L'ultimo è stato approvato con un incremento del fatturato dell'80%, arrivato a 56 milioni di euro, con otto milioni di utili netti. «Lo ammetto – spiega senza reticenze Pontremoli – è stato un anno eccezionale. Adesso, per un biennio, scenderà il giro d'affari, perché il boom degli ordini avviene ogni tre anni, quando nel nostro settore cambiano i regolamenti».


La Dallara è una società senza debiti che si autofinanzia interamente. Compresa la nuova galleria del vento, inaugurata quest'estate e costata una decina di milioni di euro, un investimento importante rispetto al giro d'affari. Ma non basta. Anche in queste settimane alla Dallara continuano a investire in persone e progetti. «Entro la fine dell'anno – racconta Pontremoli – dovremo ancora definire le assunzioni di 4-5 ingegneri meccanici e aeronautici, in modo da arrivare a 180 addetti. Tenga presente che il 50% dei nostri dipendenti ha un'anzianità aziendale inferiore ai 18 mesi. Solo dall'estate abbiamo messo a libro paga una ventina di nuove persone».

Ma non basta: «Vogliamo – dice Pontremoli – scommettere sul nostro futuro. Perché quando la crisi finirà vinceranno quelle aziende che avranno saputo investire e che si troveranno quindi un metro davanti alle altre». Ecco perché a Varano de' Melegari continuano a faticare: «Andiamo in controtendenza, con molto ottimismo, spendendo molto sul software e sulla simulazione. In prospettiva le aziende avranno sempre meno quattrini per fare le prove in pista e quindi verranno da noi per verificare le interazioni tra le nuove macchine e lo stile di guida dei loro piloti. In particolare investiamo in aerodinamica, in «Compensational airfluid dynamic», cioè nelle simulazioni dal punto di vista aerodinamico e nei sistemi di simulazione delle piste virtuali. In parte questi sforzi ci servono anche per sviluppare le nostre macchine. E poi, in prospettiva, pensiamo anche di vendere il servizio».

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