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Tra i quadri bancari il divario dei sessi arriva fino al 17%

di Rossella Bocciarelli

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4 FEBBRAIO 2009

Se c'è un settoredel mondo del lavoro che negli ultimi dieci anni ha visto un forte aumento della percentuale di presenza femminile è il settore bancario. Non è un effetto di simpathy for the devil (il denaro, si sa, è un mezzo molto amato da Mefistofele). Più semplicemente, è in buona parte il risultato delle assunzioni per concorso: quando la selezione è meritocratica, le donne si affermano come gli uomini. C'è stata anche una maggiore predisposizione da parte dei datori di lavoro a non discriminare sul genere, almeno in fase di assunzione, per quel che riguarda le fasce di qualifica più basse e gli apprendisti.

L'Abi, nel suo rapporto annuale sulle caratteristiche dell'occupazione nel credito, registra il dato con soddisfazione: al fine 2007 le donne che lavorano in banca rapppresentavano il 41,1% del personale complessivo a fronte del 58,9% degli uomini. Naturalmente, le donne sono più flessibili. Quindi il contratto fulltime interessa solo il 76% del personale femminile rispetto al 95,8% degli uomini, mentre le donne sono il 93% dei lavoratori a tempo parziale.

Se qualcuno avesse dubbi sull'esistenza di un "soffitto di vetro", basta ricordare che la presenza femminile nella categoria dirigenti è tuttora pari allo 0,5% a fronte del 3,5% di uomini dirigenti ( e, si potrebbe aggiungere, l'ingresso in posizioni apicali continua a fare notizia, come è stata la recente cooptazione nel Direttorio Bankitalia di Anna Maria Tarantola). Inoltre, la bancaria-tipo si rintraccia essenzialmente nella terza area professionale di quarto livello (il 22% delle donne sono inquadrate così, contro il 17% degli uomini). Ma l'inquadramento sfavorevole e le difficoltà di far carriera spiegano solo in parte le differenze salariali che sussistono anche a parità di qualifica e che dipendono da altri fattori più legati a valutazioni soggettive. A cominciare dai tempi di maternità, che fino a poco tempo fa venivano considerati in modo pressoché scontato come qualcosa che ferma automaticamente il percorso di carriera, mentre adesso in qualche accordo aziendale siè cominciato a scrivere, nero su bianco, che così non è.

Il risultato, come emerge da un ricerca Fiba-Cisl sull'intero settore, è che nella fascia d'inquadramento più frequente il differenziale di stipendio risulta pari al 12,34%. Se poi si osservano i ranghi alti dei quadri direttivi, si scopre che per una bancaria far carriera aumenta l'autostima, ma non riempie il portafoglio: il differenzale con gli uomini può infatti toccare il 17 per cento.

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