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Il credito stringe le Pmi. Investimenti congelati

di Paolo Bricco

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12 Marzo 2009
GRAFICI / L'andamento dei prestiti

Le banche italiane, che operano nel pieno della maggiore crisi finanziaria internazionale dal 1929, mostrano molta prudenza verso le imprese assetate di credito, in particolare le piccole. E le aziende, alle prese con il calo del fatturato e degli ordinativi, tendono a chiedere meno fidi.
Nell'intrecciarsi di queste due spinte, si riduce inevitabilmente il flusso di denaro che dagli sportelli irrora il sistema produttivo e prendono forma i cattivi umori che traggono alimento da un clima di generale sfiducia.
Le banche non hanno smesso di fare prestiti. Hanno però iniziato a rallentare.
Secondo la Banca d'Italia la crescita del credito bancario sui 12 mesi, che a settembre era ancora del 12%, a ottobre è scesa al 10%, per attestarsi a gennaio all'8 per cento. Dunque, se si considera il fenomeno nel suo complesso, è tutt'altro che un crollo. Però il problema è costituito dalla diversità di trattamento, che si può arguire dai dati di Via Nazionale, fra le imprese di dimensione media e grande da un lato e le aziende più piccole, quelle con meno di 20 addetti, dall'altro. Per le prime, a ottobre la crescita era di poco sotto il 12%, per le piccole era intorno al 4%: un terzo, dunque. Il problema è che, con la crisi internazionale che spinge le banche a una notevole prudenza e le imprese a giocare in difesa, la dinamica restrittiva, modulata con la stessa intensità da ottobre nei confronti dell'intero tessuto imprenditoriale, alla fine ha sortito un effetto differente: a gennaio, per le aziende medio-grandi, il tasso di crescita sui 12 mesi del credito è ancora rimasto intorno al 7%, mentre per le piccole è dell'1 per cento. Intanto, dall'autunno, la politica di riduzione del costo del denaro attuata dalla Banca Centrale Europea si è trasmessa alle imprese in maniera equilibrata. A ottobre, il tasso di interesse sui nuovi prestiti bancari di importo inferiore al milione di euro era in media del 6,5%, mentre quello relativo a importi superiori a un milione di euro era di poco sopra il 5,5 per cento. Nel primo caso, quattro mesi dopo, è sceso sotto il 5,5% e, nel secondo, è andato sotto il 4,5 per cento.
Nella complessa dinamica fra banca e impresa, la prudenza delle banche fa il paio con la criticità che, dall'economia reale, si trasmette alle aziende deteriorandone la fisionomia finanziaria. E, così, il rapporto fra oneri finanziari e margine operativo lordo ha ormai superato il 20%, tornando ai livelli del 1994, dopo che negli ultimi 14 anni era stato costantemente intorno al 15 per cento. Questa debolezza è evidente pure nella dinamica degli incagli rispetto ai prestiti. Anche se, sotto questo aspetto, appare interessante constatare come, secondo Via Nazionale, la grande crisi innescatasi a settembre abbia prodotto alcuni segnali di vero disagio nelle imprese, accelerando un processo di deterioramento che però si era avviato già nel giugno del 2008: gli incagli della totalità delle imprese, che valevano l'1,4% dei prestiti, sono rapidamente saliti sopra il 2 per cento. Anche in questo caso, le spie del disagio nel rimborso dei prestiti appaiono più gravosi per le piccole imprese che per le grandi: queste ultime restano sotto la media delle aziende nella loro totalità, mentre le piccole sono salite abbondamente sopra il 3 per cento.

12 Marzo 2009
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