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Il lavoro? Donne, precari e immigrati

di Orazio Carabini

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1 maggio 2009

Tutto cominciò il 23 luglio del 1993. Quel giorno non solo fu firmato l'accordo tra le parti sociali per riformare la contrattazione, ma si avviò un processoche ha introdotto dosi crescenti di flessibilità sul mercato del lavoro. Negli ultimi 15 anni moderazione salariale ed elasticità d'impiego del lavoro hanno prodotto un sensibile aumento dell'occupazione in un periodo di bassa crescita economica, con la conseguente stagnazione della produttività (prodotto per addetto). Ma il mercato del lavoro è cambiato profondamente. E ora si trova ad affrontare un periodo in cui le tendenze strutturali saranno sovrastate da quelle congiunturali. Perché con la recessione la disoccupazione aumenterà. E a farne le spese saranno soprattutto i lavoratori temporanei e gli immigrati.

Più italiani lavorano
Aumentano gli italiani "attivi", quelli che vogliono lavorare. E aumenta il numero di quelli che riescono a lavorare. O almeno, è stato così finché non è arrivata la crisi. Dal 1995 al 2008 gli occupati sono aumentati del 17% (erano 23,367 milioni alla fine dell'anno scorso contro poco meno di 20 milioni all'inizio del 1995, dopo la precedente recessione). La modesta crescita delle retribuzioni reali (al netto dell'inflazione) e la maggiore flessibilità del mercato (facilità d'assunzione e d'interruzione del rapporto) assicurata da numerose leggi di riforma hanno reso più conveniente per le imprese l'utilizzo del lavoro rispetto al capitale.

Anche il tasso di disoccupazione si è molto ridotto: da più dell'11% del 2005 al 6,7% del 2008. Il quadro è destinato a cambiare nel 2009 e nel 2010, con un aumento dei disoccupati che dipenderà dalle dimensioni della caduta del Pil e dalla velocità della ripresa.

Il boom si deve soprattutto alle donne
Negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il tasso d'occupazione femminile (la percentuale delle donne che lavorano) è salito dal 37,8 al 47,2% mentre per gli uomini nello stesso periodo è passato dal 68,3 al 70,3 per cento.

Quasi 2 milioni di donne in più hanno trovato un impiego, sebbene i servizi sociali forniti dallo Stato per facilitare l'occupazione femminile (gli asili in particolare) non abbiano fatto progressi nel periodo.

Ha giovato soprattutto la diffusione del lavoro a tempo parziale. Dal 1993 a oggi le lavoratrici dipendenti part time sono più che raddoppiate passando da poco più di 1 milione a 2,12 milioni: dal 19 al 28% del totale delle donne con un'occupazione dipendente. Un fenomeno che non ha toccato la componente maschile delle forze di lavoro.

Un lavoratore su quattro è autonomo
Il numero è rimasto stabile, intorno a 6 milioni, ma la percentuale (25%) non ha confronti negli altri Paesi (10% medio).

Sono invece aumentati i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli a termine conosciuti come "precari" o co.co.pro. Che ormai sono ben 2,3 milioni, il 10% degli occupati totali e il 13,2% di quelli dipendenti. Negli ultimi 15 anni i lavoratori a termine sono cresciuti del 59% contro il 13% dei lavoratori a tempo indeterminato.

Ed è qui che la flessibilità si fa più sentire: il ciclo economico incide sensibilmente sull'andamento di questa componente.

Il «crollo» dei giovani
È quasi un crollo quello della partecipazione dei giovani (sotto i 25 anni) al mercato del lavoro. Negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il numero dei giovani "attivi" (che lavorano o cercano un lavoro) è passato da 3,45 a 1,87 milioni. Il tasso di attività è sceso di 11 punti. Gli occupati sono scesi di 1 milione, passando da 2,5 milioni a meno di 1,5 milioni. La disoccupazione dei giovani è oggi pari al 23,9% in Italia e al 36,8% nel Mezzogiorno.

La fascia d'età che va dai 25 ai 54 anni ha fatto segnare un forte incremento (5%) sia del tasso di attività sia del tasso di occupazione. Quella che va dai 55 ai 64 anni nel 2002 ha invertito la tendenza, grazie alle politiche mirate a posticipare il pensionamento.

Nel pubblico le retribuzioni sono cresciute di più
Le retribuzioni, negli ultimi 15 anni, non si sono mosse allo stesso modo nei vari settori dell'economia. Secondo il Cnel, se si fa 100 il 1993, nel 2007 le retribuzioni erano salite, per il complesso dell'economia, a 150,9. Se i comparti industriali in senso stretto sono rimasti allineati (150,4), le costruzioni si sono fermate a 143,5 e il credito-assicurazioni a 141,2.

I balzi più significativi li hanno compiuti due settori in cui la prevalenza del pubblico è ampiamente prevalente: l'istruzione (172,6) e la sanità-assistenza sociale (156,3).

  CONTINUA ...»

1 maggio 2009
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