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Ue, la ripresa non è dietro l'angolo. La finanza resta fragile

di Antonio Pollio Salimbeni

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14 maggio 2009

Bruxelles - Nonostante i segnali che l'intensita' della recessione si sta riducendo, la ripresa dell'economia con segni positivi di crescita non e' dietro l'angolo e sbaglierebbero i governi a dare per scontato che il piu' e' stato fatto per rimettere in sesto i mercati finanziari. E' questo il messaggio del Brussels Economic Forum al quale hanno partecipato economisti, policy makers ed esperti Ocse, Fmi, Asean. Non ci sono novita' nelle ricette, ma l'indicazione che non c'e' tempo da perdere e' stata netta. L'analisi della Commissione europea e' abbastanza impietosa e risulta in linea con le valutazioni Fmi. La sintesi e' racchiusa nella parole del commissario Joaquin Almunia: "Siamo onesti, ci sono segnali positivi sulla fiducia del business e sulle esportazioni, i mercati si sono stabilizzati e le condizioni finanziarie delle imprese sono migliorate, ma non siamo al ritorno della crescita, nel 2010 la ripresa sara' modesta e graduale". Le stime di Bruxelles indicano un pil a quota 0 solo nel primo trimestre 2010 seguito da un secondo e un terzo a +0,1% nell'eurozona. Non solo, ci sono molti rischi che provengono dalla fragilita' del settore finanziario. Preliminare e' la pulizia nei bilanci delle banche, che procede troppo lentamente: Ma occorre anche dimostrare coraggio sulla regolazione e sulla supervisione finanziaria. L'atmosfera di relativo ottimismo (o di pessimismo meno accentuato) registrato nelle ultime riunioni ministeriali a livello europeo nasconde un pericolo: che diminuisca la tensione politica necessaria per decidere riforme sostanziali dell'attuale struttura di vigilanza in Europa. Di qui il richiamo di Jacques de Larosie're, che ha coordinato il gruppo di lavoro sulla supervisione Ue: "Se nel 2009, nel mezzo di questa grave crisi l'Europa non e' in grado di definire neppure un modesto compromesso, allora scordiamocelo per sempre". Sul tavolo ci sono altri due obiettivi. Il primo riguarda le cosiddette "exit strategy": i governi possono lasciar correre i deficit (entro certi limiti) in periodo di recessione, ma al momento opportuno, quando la ripresa sara' davvero dietro l'angolo, dovranno tirare di nuove le redini. Scelte del genere non si improvvisano, vanno definite adesso anche per evitare l'aumento degli spread nelle emissioni di debito pubblico. La strategia di uscita dello Stato dall'economia deve valere anche per industria e banche. "Ad un certo punto dovremo parlarne", dice Almunia.Secondo obiettivo, il coordinamento stretto delle politiche
economiche, almeno nell'eurozona. Sono i ministri Ue in quanto organismo collettivo a dover tenere le fila della sorveglianza non solo sui bilanci pubblici, ma anche sugli squilibri interni e sull'andamento della competitivita' perche' in ultima analisi sono questi i fattori che hanno un rilievo sulla stabilita' dell'intera regione e per la politica monetaria unica. Anche qui Almunia ha chiesto di essere onesti: "La risposta iniziale alla crisi in Europa non e' stata affatto coordinata". Due soltanto le idee nuove buttate sul tavolo. Una e' di Mario Monti che ha rotto un tabu': se gli stati continuano a difendere la propria sovranita' fiscale questa continuera' a indebolirsi a causa della concorrenza fiscale. "Devono rendersi conto che ogni stato e' un paradiso fiscale relativamente agli altri". L'altra idea nuova e' dell'economista Andre' Sapir: immagina un futuro presidente dell'Eurogruppo che sia anche commissario europeo agli affari economici. (Radiocor)

14 maggio 2009
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