Un decreto mirato e non un presunto toccasana "omnibus" capace da solo, con decisioni prese a Roma, di farci uscire da una crisi che ha attaccato alle radici tutte le più forti economie del mondo. Ma neanche una manovretta estiva qualunque per tappare qua e là qualche emergenza.
Questo, realisticamente, ci si poteva attendere dal governo nelle condizioni date. Che sono quelle di un sistema in decrescita bisognoso di invertire rotta subito ma che, a motivo di un debito pubblico altissimo, non consente alle politiche pubbliche "di sostegno" margini di manovra ampi.
Il pacchetto di misure decise ieri risponde a una logica di prudenza coerente con l'impostazione del ministro dell'Economia Tremonti. Non è una "riforma": però è un passo su questa strada che tanto più in una stagione politica avvelenata come l'attuale serve a tenere alta l'attenzione sui problemi reali dell'economia reale. Al netto delle stesse, inaccettabili, parole del premier Berlusconi che parla di «chiudere la bocca ai catastrofisti» e invita gli imprenditori a minacciare il taglio della pubblicità sui media «fattori di crisi».
L'impianto della manovra è stato disegnato per sostenere le imprese e le famiglie. Spiccano in questo senso la detassazione degli utili reinvestiti delle aziende, il "premio-occupazione" e il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, il contenimento del costo delle commissioni bancarie, le misure per mettere sul mercato una quota di energia a costi più bassi, l'avvio del piano per sanare lo scandalo dei pagamenti arretrati della Pubblica amministazione. In evidenza anche lo sblocco degli investimenti nelle infrastrutture, la nuova strategia unificata Cassa Depositi-Sace a sostegno dell'export, il piano contro l'evasione fiscale nei paradisi esteri.
Si dovrà fare di più nel futuro prossimo? Probabilmente sì. Ma la strada imboccata è corretta. Non è davvero poco.
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