«Ridurre ancor più le tasse, eliminandole del tutto sul salario territoriale e aziendale». È questa la proposta con cui il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, risponde alle parole del ministro del Welfare Maurizio Sacconi che, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha ribadito l'importanza di una differenziazione dei salari. «Mi sembra giusto adattare meglio la tassazione alla contrattazione territoriale e aziendale. A Sacconi e anche al leader della Lega, Umberto Bossi , che pongono il problema di come esaltare meglio la contrattazione territoriale e aziendale, chiedo perché non tagliare del tutto le tasse: tasse zero per tutta la contrattazione di secondo livello. In questo modo anche Bossi (che propone le gabbie salariali, ndr) sarà contento», ha dichiarato Bonanni, a margine del meeting di Comunione e Liberazione a Rimini. Insomma, ha aggiunto il segretario della Cisl, «per andare verso quello che dice Sacconi bisogna ridurre ancora di più le tasse eliminandole del tutto sul salario territoriale e aziendale».
D'accordo anche il segretario della Uil Luigi Angeletti: il Governo «deve ridurre a zero l'aliquota, dando un incentivo in più, e deve elevare il tetto per la detassazione del salario di secondo livello».
Decisa, invece, la bocciatura del segretario confederale della Cgil, Susanna Camusso. Nell'intervista rilasciata da Sacconi, spiega, «ci sono alcune falsità e un atteggiamento ricattatorio». Semplicemente perché, ha proseguito la Camusso, «la Costituzione riconosce la libertà contrattuale e il governo non può dire "o fate così o cambiamo la legge"». Il ministro, prosegue Camusso, «continua a ripercorrere lo stesso schema, quello dell'isolamento della Cgil, quando, ad esempio per il contratto degli alimentaristi, la rottura è stata unitaria». Senza dimenticare che per la detassazione della parte variabile della retribuzione, «c'è una legge e c'è stato l'accordo di tutti». Altra «falsità», puntualizza ancora il dirigente sindacale, è che l'accordo separato, quello sulla riforma del modello contrattuale, firmato da Cisl e Uil ma non dalla Cgil, introduca la contrattazione di secondo livello: «Al contrario l'accordo presenta il limite di non estenderla, utilizzando le stesse formule del '93».
Nell'intervista Sacconi aveva ribadito l'idea che «una giusta distribuzione della ricchezza si fonda sul riconoscimento dei meriti e dei bisogni». I salari, aveva aggiunto, «vanno differenziati perché non siamo uguali. Il banco di prova autunnale, con i primi contratti di metalmeccanici, alimentaristi, chimici e comunicazioni, sarà l'attuazione dell'accordo sottoscritto da tutti tranne che dalla Cgil. Meno il contratto nazionale sarà invasivo, più ci sarà spazio per il contratto aziendale, detassato al 10%». Poi, aveva lanciato una sorta di aut aut: «Abbiamo messo sul piatto la detassazione del salario variabile. Ma nella misura in cui le parti la usano: altrimenti dovremmo ripensarci. In autunno ci devono dimostrare che l'egualitarismo non rientra dalla finestra dopo essere uscito dalla porta. Ne va della produttività e soprattutto del riconoscimento del diritto dei lavoratori a una giusta retribuzione».
Sulla questione della contrattazione aziendale, interviene anche il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli. «Spostare il baricentro della contrattazione dal livello nazionale a quello aziendale, come chiede il ministro Sacconi, è l'obiettivo della riforma appena varata», spiega Galli. Quando tutti i datori di lavoro «pubblici e privati, Governo compreso, hanno concordato con tutti i sindacati - tranne la Cgil - la riforma della contrattazione collettiva all'inizio dell'anno - ha dichiarato Galli - si sono posti l'obiettivo di affidare al contratto nazionale il compito di salvaguardare il potere d'acquisto delle retribuzioni contrattuali lasciando maggior spazio alla contrattazione di secondo livello».