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Napolitano: riportare il debito sotto controllo
e colmare i ritardi sulla ricerca

di Dino Pesole

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13 ottobre 2009
Giorgio Napolitano (LaPresse)

Occorre vigilare sull'andamento della spesa pubblica, ma con l'attenzione rivolta alla qualità e alla selezione degli interventi in settori fondamentali nei quali non si può procedere solo con la logica dei tagli. Riecheggiano nelle osservazioni che Giorgio Napolitano ha condensato ieri nel suo intervento alla Sapienza di Roma, nel corso della manifestazione «Sapienza ricerca», temi e riflessioni che già nel recente passato il Capo dello Stato ha sottoposto all'attenzione del Governo e delle forze politiche.
In sintesi il ragionamento è questo: il vincolo del debito pubblico non concede distrazioni. Dunque occorre vigilare con attenzione sull'andamento della spesa corrente, «che ha ecceduto largamente i limiti di un indebitamento normale e tollerabile e che senza dubbio deve essere ricondotta sotto controllo». Selezionando però con rigore gli interventi. Per entrare più nello specifico, non si può continuare ad agire con la scure nel settore centrale della ricerca, per la buona ragione che è proprio con gli investimenti in questo settore che si costruisce in misura tutt'altro che trascurabile il futuro del Paese.
L'Italia - osserva Napolitano - «ha un ritardo da colmare, un ritardo serio». Occorre superare «pregiudizi, incomprensioni e anche meschinità che portano a misurare in modo troppo ristretto le ricadute possibili sullo sviluppo generale del paese».
Non è una situazione contingente, aggravata dalla crisi. Si tratta di un processo in atto da anni, se non da decenni. Processo negativo - aggiunge il presidente della Repubblica - «involutivo, che ha attraversato diversi periodi politici e diversi governi». Sono diversi gli elementi che hanno prodotto la sostanziale stasi nei finanziamenti alla ricerca. Tra tutti, Napolitano individua la difficoltà «ad ottenere un sufficiente finanziamento pubblico e nello stesso tempo un adeguato impegno finanziario del settore privato per la ricerca». In sostanza, si investe poco in ricerca sia dal versante pubblico che da quello privato.
I dati del resto sono noti e vedono il nostro Paese investire in ricerca, attraverso il combinato di interventi pubblici e privati, non oltre l'1% del Pil, contro il 2,3% della Francia e il 2,5% della Germania.
Napolitano è ben consapevole dell'«enorme difficoltà» a modificare l'ordine delle voci della spesa pubblica «che nel tempo si sono venute incorporando attraverso comportamenti pluridecennali. È quindi difficile introdurre priorità che modifichino quelle priorità che si sono sedimentate nella destinazione della spesa pubblica». Tuttavia, l'auspicio è che in questo sforzo di superamento «di una situazione debitoria pesante dello Stato italiano, si riesca anche ad affermare altre priorità nella distribuzione dei fondi pubblici».
Parole che hanno trovato il pieno assenso del rettore dell'ateneo romano, Luigi Frati, e del prorettore Bartolomeo Azzaro: «Se non ci sono i finanziamenti pubblici non ci sono prospettive, senza prospettive per la ricerca non c'é futuro per il paese». Interpellato a Milano sulle affermazioni del Capo dello Stato, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti ha replicato così: «Non commento le cose che non ho letto pur avendo un grandissimo rispetto per le istituzioni».
Il tema della ricerca sta particolarmente a cuore al presidente Napolitano, che già lo scorso 8 giugno, parlando al Quirinale in occasione della Giornata nazionale dell'innovazione ha insistito con particolare enfasi sulla necessità di «dedicare più risorse pubbliche e private alla ricerca». Al tempo stesso, occorre mettere l'accento sulla «capacità di spendere bene. Dobbiamo non contrapporre l'una componente all'altra».
Occorre in poche parole provare a cambiare alcune delle priorità che orientano la distribuzione delle risorse pubbliche. È un dato - ha aggiunto nel suo intervento di ieri - che si è registrata «una tendenza a sottovalutare la ricerca, le sue ricadute in termini economici e umani. Invece occorre tenerne conto quando si allargano i cordoni della borsa».
La crisi in atto restringe ancor più i margini di intervento, ma per Napolitano spetta proprio alle politiche pubbliche selezionare e discernere nel gran mare della spesa corrente - che nelle stime dell'ultima Relazione previsionale e programmatica si colloca di poco al di sopra degli 800 miliardi - quelle uscite che La Finanziaria che il Governo ha appena presentato al Senato non modifica gli obiettivi di finanza pubblica.

13 ottobre 2009
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