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Usa, disoccupazione record
Mai così alta dal 1983

di Vittorio Carlini

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6 novembre 2009
Obama: «La ripresa ci sarà, ma il lavoro è un problema grave»

Il tasso di disoccupazione è salito al 10,2 per cento. In ottobre sono andati persi 190.00 posti di lavoro. Un dato peggiore delle attese

Sale ancora il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti. Il dato, pubblicato dal dipartimento del Lavoro, indica che la percentuale è arrivata al 10,2%, il valore più alto dal 1983. In ottobre i posti di lavoro andati perduti sono stati 190.000, bel al di sopra delle attese che indicavano una riduzione di 175.000 unità. Il rapporto sull'occupazione ha mostrato che i posti perduti sono diffusi in tutti i settori. Quello manifatturiero ne ha eliminati 61.000, il massimo in quattro mesi, mentre quello delle
costruzioni 62.000. Si sono registrati invece aumenti nel comparto dell'istruzione e in quello della sanità, che hanno aggiunto complessivamente 45.000 posti di lavoro. La settimana lavorativa è rimasta invariata ad una media di 33 ore settimanali, una delusione perché i datori di lavoro solitamente aumentano le ore prima di assumere nuovo personale. Dall'inizio della recessione negli Stati Uniti sono stati persi oltre 7,4 milioni di posti di lavoro e, secondo le previsioni degli economisti, il tasso di disoccupazione resterà alto anche il prossimo anno, nonostante la crescita prevista dell'economia americana. Nell'ultimo trimestre, va ricordato, il Pil a stelle e strisce è tornato positivo, segnando una crescita del 3,5 per cento

«Le aziende - dice Thomas L. di Galoma, capo dell'Us trading di Guggenheim Partners - sono restie ad assumere di nuovo». Come dire, insomma, che dopo il crollo dell'economia dell'ultimo anno i primi timidi segnali di recupero sul fronte della domanda non si riflettono immediamente sul mercato del lavoro. Anzi. «Ci vorrà molto tempo - è uno dei leit motive - per recuperare un'occupazione sugli stessi livelli del pre-crisi». Il che, peraltro, pone dei problemi sul fronte della domanda stessa: è banale ricordare che un 'economia come quella americana, fortemente sbilanciata sul lato dei consumi, ha bisogno di ritrovare un livello di occupazione più adeguato. Altrimenti, il rischio è il fallimento del "passaggio di testimone" dalla politica in deficit spending di Washington, con i miliardari piani d'intervento a favore della congiuntura, alla spesa di Mr. e Mrs. Smith, necessaria per rimettere in sesto l'economia.

Peraltro, proprio la Federal reserve americana mercoledì scorso, nel motivare la scelta di mantenere i tassi d'interesse tra 0 e 0,25%, aveva rimarcato i problemi nel mercato del lavoro. Ben Bernanke si è detto fiducioso sulla continuazione della fase di recupero dell'economia ma ha anche espresso preoccupazione per le probabili difficoltà in questa direzione. «La spesa delle famiglie sembra in espansione - è stato il commento della Fed -. Tuttavia rimane condizionata dalle perdite di posti di lavoro, da una faticosa crescita del reddito, da un minore valore delle case e dal restringimento del credito».

Sul fronte dei titoli di stato, dopo la pubblicazione dei dati sull'occupazione il Treasury a 10 anni è subito schizzato verso l'alto. Gli investitori, che negli ultimi tempi avevano iniziato a considerare un possibile rialzo dei tassi d'interesse da parte della Fed, si sono connviti che i rischi da inflazione rimangono bassi (vista la ridotta propensione al consumo di Main Street, causata dall'aumento della disoccupazione) e, quindi, che le quotazioni dei titoli potranno rimanere ancora stabili verso l'alto. Ovviamente, sull'incremento della domanda di notes del tesoro Usa il loro rendimento è sceso.

Rispetto, infine, al cambio con euro dollaro, la notizia che indica una certa difficoltà nella ripresa da parte dell'economia reale americana ha dato spinta alla quotazione della moneta unica europa: l'euro è risalito fino a quota 1,4905 dollari.

6 novembre 2009
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