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Lula: clima e Doha round pericolosi nodi irrisolti

dal nostro inviato Roberto Da Rin

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Mercoledí 11 Novembre 2009


SAN PAOLO - Dall'auspicio di una riforma del sistema finanziario internazionale, alla critica del l'attuale modello di sviluppo economico. Dal rammarico per lo stop al Doha round, alla preoccupazione per il mancato accordo sul clima. Un intervento a tutto campo quello del presidente brasiliano Luiz Inàcio Lula da Silva al termine della seconda giornata della missione di imprenditori italiani, organizzata dal ministero dello Sviluppo economico e da Confindustria.

Lula ha auspicato una maggior integrazione tra imprese brasiliane e italiane e ha ricordato la straordinaria capacità del suo paese di fronteggiare una crisi mondiale come quella attuale, e quindi le opportunità che si creano per gli imprenditori italiani. Ma non ha risparmiato stilettate agli organismi internazionali e alle potenze mondiali che persistono nell'osteggiare alcune decisioni ineludibili sul futuro del pianeta e l'organizzazione del l'economia mondiale.
«Non è più stagione di certezze – ha detto Lula – e ciò non può che indurre a ripensare un nuovo modello di sviluppo mondiale». Con ironia ha nominato la Banca mondiale e le sue indicazioni trentennali, le ricette che avrebbero dovuto risolvere i problemi del mondo. Poi da quando «la crisi ha investito i paesi ricchi sono crollate tutte le certezze e per fortuna ha prevalso un sentimento di maggiore umiltà».

Sia chiaro, nessuna nostalgia per le economie pianificate. Lula ha ricordato, nei giorni dell'anniversario della caduta del Muro di Berlino, che quello era un modello che non ha funzionato. E ha aggiunto che «lo stato non deve essere uno stato-gestore, ma dare delle regole sì». Infine ha ricordato che il sistema finanziario del Brasile si è rivelato uno dei più solidi, proprio in una fase di debolezza mondiale. Una recessione che avrebbe dovuto, secondo Lula, generare riflessioni profonde e porre rimedio ai problemi epocali. Invece non è stato così, la questione climatica non è stata affrontata in modo adeguato. «Barack Obama non si è impegnato a sufficienza e non ha preso impegni di lungo periodo». D'altra parte neppure gli accordi di Doha «sono andati avanti», e questa è un'altra questione irrisolta.

Tornando all'Italia, secondo il presidente, l'obiettivo dello scambio tra i due paesi deve essere l'equilibrio commerciale e non il surplus di un paese a svantaggio dell'altro: «La bilancia commerciale deve essere una strada a due corsie. I rapporti tra Italia e Brasile sono in sostanziale equilibrio».

È confortante notare che nel terzo trimestre vi è stata una crescita del Pil compresa tra l'8 e il 10%, ha dichiarato il ministro delle Finanze brasiliane, Guido Mantega, intervenuto al Business Forum Brasile-Italia. E ha ribadito la solidità del sistema finanziario brasiliano, privato e pubblico.

Il Brasile, ha spiegato Lula, «è un mercato di grande interesse per l'Italia, date le dimensioni del mercato interno (190 milioni di abitanti in un territorio grande 27 volte l'Italia). Al tempo stesso l'Italia, per le imprese brasiliane, è una porta di entrata in Europa. L'importante è sapere che vi deve essere continuità di rapporti, nessuna preoccupazione se al primo o al secondo incontro non si concludono affari». Senza mai dimenticare che in Brasile, ogni anno, c'è almeno una decina di milioni di ex-poveri che diventano consumatori.
roberto.darin@ilsole24ore.com

Mercoledí 11 Novembre 2009
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