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Sindaci e regioni contro il decreto Ronchi

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1 dicembre 2009


Molti sindaci e Autorità d'ambito, e anche qualche Regione, si schierano contro il decreto Ronchi, che prevede la liberalizzazione del servizio idrico. A guidare il fronte del no ci sono Piemonte e Liguria: gli uffici legali stanno studiando l'ipotesi d'incostituzionalità e quindi un ricorso alla Consulta. Contestato sia il metodo (poca concertazione con le regioni) sia il merito: secondo gli assessori regionali, è stata forzata una direttiva europea, tradendo la garanzia di parità tra le diverse opzioni di assegnazione della gestione: in house, pubblico-privato e gara.

In Lombardia meno della metà delle Ato si è attivato fino per passare dall'affidamento diretto al sistema delle gare, con un unico gestore per erogazioni e reti. Intanto si prepara un aumento sostanzioso delle tariffe, che sarà in media del 6,5% all'anno, fino a superare, nel 2016, i 2 euro a metro cubo. L'incremento in sette anni toccherà il 40 per cento.
A Roma le bollette sono invece inferiori alla media nazionale, ma la quota di dispersione idrica è del 37%, superiore al resto del Paese (34%) anche se lontana dai picchi del Molise (56%) come dall'efficienza delle reti lombarde (20% di dispersione, dati Cittadinanzattiva). All'orizzonte c'è poi il riassetto di Acea che nel Lazio controlla due società di gestione: Acea Ato 2 spa e Acea Ato 5 spa. La quota di maggioranza del 51% del Comune di Roma dovrà scendere al 30% nel 2015
Se in Italia una famiglia di tre persone ha speso per l'acqua 253 euro nel 2008, nella regione più cara, la Toscana, lo stesso nucleo tipo paga 330 euro. I dati 2008 della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (Co.vi.ri.) testimoniano come l'uniformità delle tariffe sia un traguardo lontano. Intanto, per il miglioramento della rete di acquedotti, dei sistemi di depurazione e della rete di fognature sono in pista investimenti per oltre 2,2 miliardi
A Nord-Est le tariffe sono a un livello intermedio (220 euro in Veneto; 196 in Trentino Alto Adige e 172 in Friuli Venezia Giulia), ma lo stato di efficienza di tubazioni e depuratori è buono, così come i conti delle società di gestione.

Per quanto riguarda il Sud, i dati dell'ultimo rapporto del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche parlano chiaro: risultano attivi 20 Ato ma i conferimenti a società di gestione sono soltanto 13 (gli altri sette gestiscono direttamente). A livello nazionale, su un totale di 92 Ato gli affidamenti effettuati sono 69.
Curiosamente l'apporto dei soggetti interamente privati nella gestione del servizio idrico integrato è quasi del tutto localizzato al Sud: su sette aziende operanti in Italia, cinque sono quelle che insistono sul territorio meridionale. E tutte siciliane: la Acque potabili spa di Palermo, Acqua Enna Scpa, Acque di Caltanissetta Spa, Sai 8 Spa di Siracusa e l'agrigentina Girgenti Acque Spa. Tre invece le società miste, per il resto il business è saldamente in mano al pubblico, magari attraverso società municipalizzate. Questione complessa in Puglia dove il gestore è Aqp, società di proprietà della regione con un fatturato di 370 milioni, 1.700 dipendenti e 1,5 miliardi da spendere fino al 2020 per risanare i 20mila chilometri di condutture idriche di competenza. Il governatore Nichi Vendola si è messo di traverso al progetto di privatizzazione, annunciando un ricorso alla Corte costituzionale contro la legge che la impone.

Lombardia
Le imprese: "No a sforzi ulteriori contro la CO2"
«Gli obiettivi del 20-20-20 saranno rispettati, ma non si chiedano ulteriori sforzi alle imprese per abbattere le emissioni, perché significherebbe minare la competitività del nostro sistema manifatturiero. Li si chieda a Cina e Usa, piuttosto, che arrivano da buoni ultimi a proclamare impegni sul clima». Giuseppe Pasini, leader dei siderurgici italiani, è preoccupato: l'appuntamento della conferenza di Copenhagen sul clima rischia di appesantire ulteriormente la ripresa per un'industria fortemente orientata sul manifatturiero e sul consumo di energia. E mentre la Regione Lombardia presenta alle istituzioni il proprio piano per la sostenibilità, con l'obiettivo di abbattere quasi 9 milioni di tonnellate di Co2 seguendo lo schema nazionale ed europeo del -20%, Confindustria Lombardia, nelle proprie osservazioni al piano, sottolinea come gli strumenti siano insufficienti: «Bisogna avere l'onestà di ammettere – spiega il vicepresidente Franco Keller – che senza il nucleare qualsiasi obiettivo di abbattimento è oggi irraggiungibile»

  CONTINUA ...»

1 dicembre 2009
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