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Sciopero generale della Cgil
per un fisco più equo

di Giorgio Pogliotti

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9 marzo 2010
Cgil, lo sciopero generale è solo l'inizio. Nella foto il segretario Guglielmo Epifani

Lo sciopero generale di quattro ore indetto per venerdì dalla Cgil a sostegno di un fisco più equo per lavoratori dipendenti e pensionati potrebbe essere solo un primo assaggio della campagna di mobilitazione organizzata dal sindacato guidato da Guglielmo Epifani.

Se non ci saranno risposte dal governo, la Cgil è decisa a proseguire le iniziative di protesta. Lo ha ribadito lo stesso Epifani che, difendendo le ragioni di «uno sciopero dai connotati strettamente sindacali e non politici», ha aggiunto: «non possiamo aspettare se il Governo non fa nulla, anno dopo anno lavoratori dipendenti e pensionati pagano sempre più tasse».

Oltre che a sostegno delle proposte sul fisco (abbassamento della prima aliquota al 20%, restituzione di 500 euro subito a lavoratori e pensionati e 100 euro medi mensili di minori tasse nel triennio, unificazione delle detrazioni per i carichi fiscali), lo sciopero è stato proclamato dalla Cgil per protestare contro le norme del collegato lavoro sulle controversie lavoristiche, in particolare contro l'arbitrato secondo equità considerate come «una controriforma che riduce le tutele dei lavoratori».

La Cgil propone anche di allungare la durata della cassa integrazione e di estendere le tutele ai precari, che sono i più esposti alla crisi. Per rafforzare queste richieste è stato presentato uno studio dell'Ires-Swg che evidenzia come il 45% delle famiglie italiane è in situazione di difficoltà, perchè fa sacrifici (26%) o non ce la fa ad arrivare a fine mese (19 per cento). Il 54% degli occupati può contare su due stipendi, il 26% su uno solo (di questi il 55% mantiene con un unico stipendio una famiglia composta da più di due persone).

Il salario medio dei lavoratori dipendenti è di 1.320 euro, mentre tra gli operai scende a 1.030 euro. Nel campione intervistato il 2% guadagna fino a 500 euro, il 25% tra 500 e mille euro e il 52% tra mille e 1.500 euro. In media il salario nel privato è del 17% inferiore a quello pubblico (1.180 euro contro i 1.420). Mediamente rispetto ad un contratto a tempo indeterminato un lavoratore a termine guadagna il 28% in meno e un "atipico" il 39% in meno.

Per il 70% degli intervistati l'azienda o l'ente per cui lavora «ha subito effetti dalla crisi», percentuale che sale all'82% nel caso dell'industria e costruzioni. Il 62% degli intervistati teme, in caso di perdita del posto, di dover accettare un lavoro nero. Il 51% giudica negativamente la capacità di reazione del governo, ma i commenti critici salgono al 54% nei confronti delle regioni.

9 marzo 2010
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