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L'economista Fitoussi boccia gli aiuti Fmi ad Atene

di Claudio Tucci

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26 marzo 2010


L'economista Fitoussi boccia gli aiuti del Fondo monetario internazionale alla Grecia e invita a non sopravvalutare la miglior tenuta in termini di disoccupazione dell'Italia, perché prima del crack del 2008 i tassi erano peggiori. E questo nonostante una discreta crescita, a testimonianza che, da circa 10 anni, a prescindere dalle altalene dei mercati, il vero problema del Belpaese (ma anche di molti altri partners oltre confine) è «l'andamento della produttività», che cresce a passo di lumaca. A parlare è l'economista Jean-Paul Fitoussi, a margine di un convegno, che si aperto, oggi, alla Sapienza, organizzato dalla Cisl, per ricordare Ezio Tarantelli, ucciso dalle Brigate Rosse 25 anni fa.

La globalizzazione, ha ricordato Fitoussi, è stata male interpretata, soprattutto in Europa. Tutti i paesi, compresa l'Italia, ha detto, hanno creduto che per aumentare la competitività fosse necessario moderare i salari, abbassare le tasse e i contributi sociali. Ciò, invece, ha creato difficoltà nella domanda, che ha finito per far «impazzire il mercato». Di qui, la richiesta dell'economista francese, di «creare un'organizzazione almeno europea per impedire la concorrenza sleale, sia sul piano fiscale che su quello sociale».

Fitoussi ha bocciato, poi, il modo con il quale l'Europa si è mossa per il salvataggio di Atene, stigmatizzando, in particolare, la richiesta di aiuto al Fondo Monetario Internazionale. «È come - ha detto - se gli Stati Uniti avessero chiesto aiuto al Fondo per risolvere i problemi della California, che sono altrettanto gravi e strutturali di quelli greci». Un intervento, peraltro, che ha indebolito la posizione "politica" di Bruxelles. «L'Europa - ha spiegato - è il primo Paese al mondo in termini di Pil. Chiedendo aiuto al Fondo, invece, si è comportata come fosse un Paese in via di sviluppo, come se non avesse sovranità». Il debito della zona euro, ha ricordato, «è più basso degli Stati Uniti e il disavanzo la metà. Per non parlare del Giappone dove il debito è 3/4 volte peggiore». Secondo l'economista, la richiesta di aiuto al Fondo è «è un modo per costringere i paesi ad avere una politica fiscale restrittiva: questo è il vero guaio. E i paesi così faranno perché temono i mercati».

Parlando invece della situazione italiana, il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni ha rilanciato sull'autonomia dei sindacati (anche e soprattutto dalla politica) e sulla concertazione, per far crescere i salari e affrontare con interventi mirati il fenomeno della disoccupazione (che ieri l'Istat ha certificato per il 2009 a -7,8%, con una perdita di 380mila posti di lavoro).

Una situazione che penalizza i giovani e i laureati, come ricordato dal recente rapporto Almalaurea: il salario d'ingresso in azienda di un colletto bianco è di appena 1050 euro. «Questo perché le aziende non si fidano delle competenze dei ragazzi», ha sottolineato l'economista di Bankitalia e presidente dell'Invalsi, Piero Cipollone, e nel dubbio pagano poco. Si pensi, anche, al "paradosso" dei test d'ingresso all'università: gli esami di maturità, ha evidenziato, costano allo Stato circa 200 milioni e poi 2 mesi dopo le facoltà valutano nuovamente le competenze delle neo matricole. Bisogna quindi superare questo circolo vizioso: «perché - ha detto - se i giovani non imparano e le imprese non si fidano, i rendimenti di mercato dell'istruzione scendono. Ed è un guaio per tutta l'economia».

26 marzo 2010
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