Alessandro Merli
Il mercato del lavoro in Italia ha resistito alla Grande Recessione del 2008 e del 2009 meglio del previsto, ma per il futuro sarà importante l'uscita da programmi come la cassa integrazione e l'agevolazione dello spostamento di forza lavoro da un settore all'altro.
Il Fondo monetario ha analizzato, in uno dei capitoli del semestrale "World Economic Outlook" che verrà pubblicato la prossima settimana in occasione della riunione di primavera di ministri finanziari e governatori a Washington, la risposta della disoccupazione nei maggiori paesi alla crisi globale degli ultimi tre anni. Nei paesi industriali, prevede l'Fmi, la disoccupazione resterà attorno al 9% anche per tutto il 2011. Gli economisti dell'istituzione di Washington prevedono per l'economia mondiale e in particolare per i paesi avanzati, una ripresa lenta, che in molti paesi avrà ancora bisogno di stimoli di politica monetaria e fiscale. E, in questo caso, il ritardo con cui la disoccupazione verrà riassorbita dopo la ripresa della crescita economica sarà ancora più lungo che negli altri episodi di recessione degli ultimi trent'anni, in quanto la caduta del Prodotto interno lordo si è sommata a una crisi finanziaria e, in molte economie, allo scoppio di una bolla immobiliare.
L'Italia si trova però nel gruppetto di paesi che hanno accusato un aumento più contenuto della disoccupazione a causa della crisi e che hanno risposto meglio del previsto dal punto di vista del mercato del lavoro. Fra gli altri componenti di questo nucleo, ci sono Germania (dove la disoccupazione è addirittura scesa), Giappone e Olanda. Tutti paesi, osserva il Fondo, dove gli strumenti a breve termine per proteggere l'occupazione sono più sviluppati. E che hanno funzionato efficacemente, visto che questi paesi sono anche fra quelli che hanno subito un calo del Pil più forte. All'altro estremo, ci sono economie, come quella della Spagna, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dell'Irlanda, dove l'aumento della disoccupazione è stato più pesante e che non a caso sono state colpite anche dallo scoppio della bolla immobiliare.
L'uso della cassa integrazione, secondo l'analisi dell'Fmi, ha molto contribuito ad attutire l'impatto sull'Italia: se prima della crisi riguardava meno dello 0,5% della forza lavoro, si è passati ora al 4% circa. Uno strumento utile per frenare la disoccupazione, sostiene lo studio (alla cui elaborazione ha partecipato anche l'economista della Bocconi, Tito Boeri), anche se è bene, quando il suo uso è così ampio monitorarne gli abusi. Gli economisti del Fondo si chiedono che la cassa a volte non mascheri esuberi strutturali, soprattutto in alcuni settori come la meccanica e il tessile, più che far fronte a difficoltà temporanee. La vera sfida, secondo l'Fmi, è, per tutti i paesi in cui queste misure di breve periodo hanno garantito un buon risultato, mettere in atto un'uscita progressiva da tali strumenti e ricorrere ad ammortizzatori sociali più convenzionali. Il Fondo propone tra l'altro l'introduzione di forme di assicurazione per la perdita del lavoro che favoriscano la ricerca di spostamento di lavoratori verso i settori più competitivi.
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