Giovanni Negri
MILANO
Le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio, ma a due persone dello stesso sesso che convivono stabilmente «spetta il diritto di vivere liberamente una condizione di coppia ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri».
Individuare le forme di garanzia e riconoscimento per questo tipo di unioni è, però, compito esclusivo del Parlamento «nel l'esercizio della sua piena discrezionalità». La Corte costituzionale, con la sentenza n. 138 scritta da Alessandro Criscuolo, la cui motivazione è stata depositata ieri, ribadisce che la diversità tra i sessi è alla base del matrimonio, ma richiama il Parlamento alla sua responsabilità per arrivare a forme di garanzia e tutela anche per le coppie gay. A sollecitare un intervento della Consulta erano state la Corte d'appello di Trento e il tribunale di Venezia ai quali si erano rivolte coppie omosessuali cui l'ufficiale giudiziario aveva rifiutato di procedere alle pubblicazioni di matrimonio. Alla sentenza Franco Grillini, leader storico del movimento omosessuale ha reagito con «delusione e dissenso».
La Corte costituzionale ha affrontato la questione dell'estensione alle unioni omosessuali della disciplina del matrimonio civile, sotto una pluralità di punti di vista, precisando innanzitutto che è vero che l'articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ma nello stesso tempo, va escluso che questo riconoscimento possa essere realizzato solo attraverso l'equiparazione delle unioni gay al matrimonio. In questo senso milita anche un confronto con le legislazioni di altri Paesi che hanno riconosciuto le unioni omosessuali.
Quanto ai profili di conflitto con gli articoli 3 e 29 della Costituzione (principio di eguaglianza e riconoscimento dei diritti della famiglia) la Consulta osserva che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere "cristallizzati" con riferimento al l'epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non solo delle trasformazioni dell'ordinamento, ma anche dell'evoluzione della società e dei costumi. Questa interpretazione, però, non può spingersi fino al punto di incidere sul nucleo della norma, «modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata».
La questione delle unioni omosessuali non venne esaminata nei lavori dell'assemblea costituente. Tanto da fare ritenere ora alla Corte che i costituenti tennero presente alla fine la sola nozione di matrimonio definita da un Codice civile che era entrato in vigore solo pochi anni prima, nel 1942. La non omogeneità al matrimonio dei rapporti gay non dà così luogo a una forma di discriminazione.
Anche sotto il profilo del possibile attrito con la Convenzione dei diritti dell'uomo e con altre disposizioni di carattere internazionale, dalla Carta di Nizza al trattato di Lisbona alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che assicurano il diritto al matrimonio e il divieto di discriminazione, la Consulta non trova nulla da obiettare. Per la Corte costituzionale, infatti, da tutti questi riferimenti normativi emerge che, se da una parte è affermato il diritto a sposarsi, nello stesso tempo sono rinviate alle diverse legislazioni nazionali le modalità di applicazione, senza che sia mai possibile riscontrare un'imposizione della concessione dello status matrimoniale a persone dello stesso sesso.
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I paletti
- Corte costituzionale,
sentenza n. 134 del 2009
La giusta e doverosa tutela, garantita ai figli naturali, nulla toglie al rilievo costituzionale attribuito alla famiglia legittima ed alla (potenziale) finalità procreativa del matrimonio che vale a differenziarlo dall'unione omosessuale. In questo quadro, con riferimento all'articolo 3 Costituzione, la censurata normativa del Codice civile che, per quanto sopra detto, contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima sul piano costituzionale. Ciò sia perché essa trova fondamento nel citato articolo 29 Costituzione, sia perché la normativa medesima non dà luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio.