Per la resa dei conti finale e per sapere come il premier Silvio Berlusconi risponderà all'ultima mossa di Gianfranco Fini, bisognerà attendere la direzione nazionale di domani. Ieri, però, una certezza è emersa dal vertice che si è tenuto a Palazzo Grazioli: il Cavaliere non è disposto a dare alcun riconoscimento formale alla minoranza che Fini si appresta a varare. Una posizione granitica che il premier ha consegnato ai due coordinatori, Sandro Bondi e Denis Verdini, ai capigruppo del partito Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, al vicecapogruppo a Palazzo Madama Gaetano Quagliariello, al ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli e al sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Unico assente, Ignazio La Russa: a trattenerlo lontano da Roma nessuna incertezza politica, ma solo la sua Inter schierata a San Siro per la Champions League.

Chi ha visto il premier ieri sera lo descrive comunque molto cupo e deciso a rispondere colpo su colpo alle richieste messe nero su bianco da Fini. Non a caso agli organizzatori della mega-riunione di domani Berlusconi ha posto un paletto imprescindibile: il suo intervento dovrà essere l'ultimo, per consentirgli di replicare a tutte le contestazioni dell'ex leader di An.

Ieri a palazzo Grazioli il Cavaliere ha anche incontrato una rappresentanza del Carroccio (i due ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni e la vicepresidente del Senato, Rosy Mauro) per definire la contropartita dopo l'ok leghista all'avvicendamento tra Luca Zaia e Giancarlo Galan al ministero dell'Agricoltura. A qualche agenzia che aveva accomunato le due riunioni, Calderoli ha poi precisato che non c'è stato alcun vertice tra Lega e Pdl e che l'incontro (durante il quale Berlusconi ha detto sì alla richiesta leghista di avere gli assessorati all'agricoltura nelle regioni del Nord) era stato programmato da giorni.

A far crescere l'ira del premier ha poi contribuito la notizia che il finiano di punta, Italo Bocchino, avrebbe partecipato la sera al programma Ballarò. Una scelta che il Berlusconi non ha affatto gradito, tanto da aver provato, fino all'ultimo minuto, a bloccarla, senza successo.

Così il Cavaliere ha preso atto di questo ulteriore «sgarbo» e ha ribadito ai suoi di non essere assolutamente disposto a dare legittimazione a una corrente interna che faccia capo a Fini perché un'apertura di questo tipo si tradurrebbe in una battaglia campale dentro il parlamento. Con i berlusconiani e gli ex An staccatasi da Fini costretti a trattare su ogni tema con la pattuglia del presidente della Camera.

Ma con quale posizione si presenterà il Cavaliere domani alla direzione Pdl? Il premier non vuole ingessare la discussione interna nel partito in un meccanismo di correnti. Un conto è la libertà di dissenso, il confronto libero tra opinioni diverse che il Cavaliere, almeno a parole, vuole garantire. Altra cosa è formalizzare una minoranza e riconoscerle diritti di espressione e di rappresentanza all'interno del partito. Se Fini vorrà portare fino in fondo la sua sfida, la risposta di Berlusconi non potrà dunque che essere durissima, fino all'estromissione dal partito nel caso in cui la frattura non si potesse più ricomporre. «Non posso permettere che qualcuno tenti di logorarmi e non voglio più trattare con certe persone», è la riflessione di Berlusconi.

Per il momento, però, il Cavaliere preferisce rimandare qualsiasi decisione. A dissuaderlo soprattutto Umberto Bossi. «Non possiamo rompere, occorre trovare un accordo», continua a ripetere il Senatur, preoccupato che una rottura tra Fini e Berlusconi possa vanificare tutto il lavoro svolto sul federalismo fiscale.
In serata, poi, Berlusconi ha partecipato al quinto anniversario dell'elezione di Benedetto XVI al soglio pontificio dove ha avuto un breve colloquio con il segretario del Pd, Pierluigi Bersani.

Se guerra alla fine sarà, dunque, lo si saprà solo domani. Ma qualcuno, come il ministro Matteoli, continua a sperare in una riconciliazione. «Dalle dichiarazioni di chi ha partecipato oggi alla riunione con Fini emerge che ci sono tutti i presupposti affinché il partito resti unito e auspico che questo avvenga per la mia storia e perché il partito vince». Più tranchant, invece, il ministro La Russa. «Le vicende interne di questi giorni portano a una frammentazione del Pdl che torna utile alla sinistra e in qualche modo fa sorridere anche gli alleati della Lega. Ciò poteva essere facilmente evitato». Un chiaro messaggio al suo ex segretario.

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