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Il Fondo ai leader del G-20: due nuove tasse sulle banche

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Mercoledí 21 Aprile 2010

Alessandro Merli
Il Fondo monetario si prepara a proporre al G-20 due tipi di tasse sulle banche per coprire il costo dei salvataggi del sistema finanziario, come i pesanti interventi che numerosi governi hanno dovuto sobbarcarsi nella recente crisi e che complessivamente hanno toccato gli 11mila miliardi di dollari. Nel momento in cui rileva un miglioramento della stabilità finanziaria, il Fondo ha commentato però ieri che il rischio sovrano, creato dall'alto debito pubblico di molti paesi industriali, può dar vita a una seconda fase della crisi finanziaria.
Nella proposta del Fondo, l'imposta principale, un «contributo alla stabilità finanziaria», verrà chiesta a tutte le banche, inizialmente in egual misura, per essere poi diversificata a seconda dell'importanza dei singoli istituti e del rischio per la stabilità del sistema. Il secondo tributo, o «tassa sulle attività finanziarie», graverà sui profitti e sui compensi dei banchieri.
La proposta dell'Fmi verrà discussa venerdì alla riunione dei ministri finanziari e dei governatori per avere poi l'approvazione definitiva dei capi di stato e di governo al summit di giugno. Erano stati proprio i leader dei venti paesi industriali ed emergenti più importanti, al vertice di Pittsburgh dell'autunno scorso, a dare mandato all'Fmi di studiare il problema. Il documento, fatto filtrare ieri dalla Bbc, è destinato ad alimentare non solo l'opposizione delle banche stesse, ma anche controversie all'interno del G-20. I paesi europei sono in genere a favore di tassare le banche, con Gran Bretagna e Francia in prima fila. Non a caso, il cancelliere dello Scacchiere britannico, Alistair Darling, ha dichiarato ieri che la tassa dovrebbe essere introdotta anche se non ci sarà unanimità nel G-20. Altri paesi, fra cui il Canada, sono nettamente contrari a tassare le banche.
Lo studio dell'Fmi respinge invece l'ipotesi di una tassa sulle transazioni finanziarie, tipo Tobin tax: tra l'altro, secondo una fonte del governo tedesco, questo approccio è stato respinto perché l'imposta finirebbe semplicemente per essere trasferita sui clienti delle banche. La tassa sulle transazioni aveva poi incontrato la netta opposizione di alcuni paesi, Stati Uniti in testa, il che renderebbe la sua applicazione impraticabile.
Ieri, intanto, nel suo periodico rapporto sulla stabilità finanziaria globale, l'Fmi ha osservato che il rischio maggiore per la ripresa economica e la stabilità dei mercati viene dall'alto livello di debito pubblico. La Grecia è stato un campanello d'allarme, ha osservato il capo del dipartimento mercati dell'Fmi, José Vinals. Lo studio del Fondo vede Grecia e Portogallo fra i paesi più a rischio in Europa, e Spagna e Italia nel secondo gruppo. Il rapporto debito/pil dei paesi industriali, ha detto Vinals, è ai livelli più alti dalla Seconda guerra mondiale. Piani di rientro dal debito sono quindi importanti per i mercati, secondo l'Fmi, quanto il risanamento delle banche e le nuove regole oggi in discussione. Il Fondo rileva che le condizioni delle banche sono migliorate: la stima è di perdite per svalutazioni e accantonamenti a causa della crisi pari a 2.300 miliardi di dollari (contro una stima precedente di 2.800), ma con le banche europee più indietro di quelle americane nell'evidenziarle a bilancio. Nei prossimi tre anni, osserva inoltre l'Fmi, le banche dovranno rifinanzarsi per 5mila miliardi di dollari.
A pagina 35
Goldman si difende

Mercoledí 21 Aprile 2010
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