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Sale il pressing su Google dai garanti della privacy

di Luca Dello Iacovo

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Mercoledí 21 Aprile 2010

Riflettori puntati su Google per la gestione dei dati personali online. Per la prima volta hanno firmato una lettera congiunta dieci Authority nazionali, incluso il Garante per la privacy italiano. Insieme rappresentano 375 milioni di persone. Chiedono «un rigoroso rispetto delle leggi sulla privacy in vigore nei paesi in cui immettono nuovi prodotti online».

Nel mirino è finito soprattutto Buzz: è un social network collegato con il servizio di posta elettronica Gmail. Come Facebook, permette di condividere attraverso internet messaggi, fotografie, link. È stato lanciato a febbraio, ma alcuni aspetti hanno sollevato dubbi tra il pubblico: ad esempio, all'inizio per ogni utente di Buzz era visibile una pagina con l'elenco delle persone più contattate attraverso email. Pochi giorni dopo Google ha fatto marcia indietro e ha modificato alcune tra le funzioni più contestate. Le Authority richiedono maggiori tutele per i dati personali e suggeriscono alcune misure, come una gestione più semplice delle impostazioni predefinite e la possibilità di cancellarsi in modo rapido dal social network. Inoltre invitano Google a progettare un design più efficace per la protezione della privacy su internet. Ma riconoscono che il motore di ricerca non è l'unica azienda a dover tutelare con più attenzione le informazioni personali.

Oltre l'Italia, hanno inviato il messaggio le Authority di Francia, Germania, Irlanda, Israele, Olanda, Nuova Zelanda, Spagna, Regno Unito e Canada. I dati fanno gola ai pirati informatici. A dicembre gli hacker sono entrati nei server di Mountain View. E, come ha rivelato il "New York Times", il cavallo di troia è stato la distrazione di un impiegato: ha cliccato su un link ricevuto attraverso la chat Messenger. E ha causato una breccia nelle difese informatiche. Così i criminali hanno rubato le password del dipendente e sono entrati nel sistema "Gaia": un software che gestisce l'accesso a molti servizi web di Google, come il motore di ricerca e le applicazioni business. Non sembra abbiano avuto accesso diretto alla banca dati che custodisce le password degli utenti.

Il blitz degli hacker è durato due giorni. La reazione di Mountain View è stata decisa: a gennaio ha denunciato le violazioni della sicurezza subite attraverso internet, all'interno di una vasta operazione di pirateria online che ha coinvolto le aziende della Silicon Valley, il cuore delle industrie tecnologiche negli Stati Uniti. Google ha puntato il dito contro la Cina che ha negato qualsiasi coinvolgimento. Dopo ripetuti annunci, a marzo Mountain View ha spostato le attività del motore di ricerca a Hong Kong per superare la cortina della censura, ma in poche ore è ritornato il buio sulle pagine web sgradite a Pechino.

Le indagini sugli attacchi continuano: gli investigatori sono sulle tracce di un gruppo di criminali informatici che sarebbe in grado di colpire dalle venti alle cinquanta aziende ogni settimana. Ma la breccia nella sicurezza di Google apre interrogativi sul cloud computing, un insieme servizi web che permettono di utilizzare, attraverso internet, software e data center per accedere a un'ampia gamma di applicazioni, come editor di documenti e fogli di calcolo. È un settore in rapida crescita su internet con la diffusione degli smartphone e dei netbook. Mountain View ha annunciato che aggiungerà un ulteriore livello di protezione per il servizio di posta elettronica Gmail.
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Mercoledí 21 Aprile 2010
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