«Jaki e l'Avvocato? Temperamenti diversi, il nonno più estroverso, John Elkann più riservato. Ma simili per senso del dovere, disciplina, un'intelligenza particolare. Entrambi abituati a vivere sotto i riflettori, ma ad ignorarli. John, schivo di natura, l'Avvocato Agnelli che da giovane amava davvero la vita. Ma sotto le differenze di personalità, il comune Dna sul lavoro si deve agli anni passati da John Elkann accanto all'Avvocato: fu lui a plasmarlo. Ecco perché Jaki al momento di prendere la carica di Presidente che fu del nonno lo cerca intorno a sé e dice: mi piacerebbe fosse qui».
Gianluigi Gabetti, una vita passata dagli anni della guerra alla finanza, da New York a Torino, sempre accanto a Gianni Agnelli, mente finanziaria del gruppo e mentore di John Elkann, osserva le novità in corso, il passaggio di consegne da Luca Cordero di Montezemolo a Elkann, lo spin-off dell'auto, il futuro di un gruppo che fino a pochi anni fa Economist, Financial Times e pettegolezzi nei salotti intorno a piazza San Carlo a Torino davano per spacciato e che è invece ancora player mondiale.
«L'Avvocato - dice Gabetti - amava i passaggi di generazione senza scosse, purtroppo i troppi lutti, fino alla morte di Umberto, hanno richiesto dolori e aggiustamenti radicali. La scomparsa di Umberto Agnelli impose scelte immediate e condivise, Luca accettò un importante ruolo di transizione e unità del gruppo, Marchionne aggredì il mercato con una nuova strategia e Jaki (Gabetti usa il diminutivo affettivo per l'ingegner John Elkann, neo presidente Fiat) garantì la continuità familiare».

Che Fiat sarà la Fiat globale di Marchionne e Elkann, con l'auto che va da sola e l'alleanza Chrysler?
Al centro ci sarà l'idea che la finanza serve a produrre industria e lavoro. Le ristrutturazioni in corso in Italia e nel mondo rispondono a questo criterio, nessuno fugge dal nostro paese. Fiat è un gruppo italiano, il suo presidente è un giovane italiano, ma Chrysler ci riapre il mercato Usa, il Brasile sarà protagonista del nuovo mondo industriale, Russia, India e Cina devono vedere attivo il nostro marchio nel XXI secolo.

Modificare la base industriale però non sarà semplice per Elkann e Marchionne, né in Italia né all'estero.
Vero. Ma il sindacato deve comprendere - e io spero davvero che lo faccia in tempi di radicale trasformazione economica e sociale - che il nuovo offre opportunità e sviluppo. Noi non chiediamo soldi pubblici, ma speriamo che un'atmosfera sociale di collaborazione porti a inquadrare i necessari sacrifici locali della delocalizzazione, con le opportunità di crescita e riorganizzazione, anche da noi. Spero che il sindacato collabori in tale senso.

Qual è il suo consiglio ora?
Non hanno bisogno dei miei consigli Marchionne e Elkann. Sanno che l'industria del mondo globale deve adattarsi ogni giorno al mutamento. Senza soste. Una lezione che l'Avvocato ripeteva a John, e lui l'ha imparata davvero bene, direi, davvero bene.