Senza scomporsi minimamente il premier George Papandreou ha detto che l'"operazione verità" sui conti del precedente governo conservatore va avanti e ha ribadito quanto detto dal suo ministro delle Finanze George Papaconstantinou: l'obiettivo di una riduzione del deficit del 4% nel 2010 rimane, aggiungendo che «il Governo ha già adottato tutte le misure necessarie». Avanti con i tagli, come da tabella di marcia approvata a marzo.
Tutto come prima, anzi, tutto concordato con Bruxelles. Alla riunione, con a fianco Papaconstantinou, Papandreou ha invitato a non perdere la testa quanto alle conseguenze di un'attivazione del meccanismo di prestito. Perché, ha spiegato, la Grecia è già sotto la supervisione della Ue e dell'Fmi a causa dell'enorme deficit creato dal precedente governo Karamanlis. Papaconstantinou ha ribadito per ben tre volte che non c'è allo studio nessun piano di ristrutturazione del debito.
Intanto l'agenzia Reuters annunciava che la Grecia avrebbe allo studio un prestito ponte a cui attingere a breve prima che parta il meccanismo, più complesso, degli aiuti Ue-Fmi. Questo le consentirebbe di superare lo scoglio del 19 maggio, quando sono in scadenza 10 miliardi di euro. Tutte voci che non hanno scalfito l'atteggiamento di fiducia e di perseveranza sulla strada intrapresa dal governo socialista del Pasok.
In effetti la popolazione non dà segnali di panico: strade e bar sono affollattissimi come sempre, non si vedono corse agli sportelli bancari per ritirare i risparmi. I greci sono preoccupati, molto più di quanto avverrà in autunno dopo la stagione turistica che di quanto si sta decidendo in questi giorni, esito che la maggioranza reputa un passo necessario, o se preferite, senza alternative.
La verità è che mediamente le famiglie greche sono benestanti o hanno una rete di solidarietà parentale che funziona in momenti di crisi, mentre lo stesso non si può dire dello stato che ha le casse vuote a causa di una politica lassista che nei decenni passati ha favorito l'evasione fiscale e l'economia sommersa che viaggia al 27% del Pil greco, con l'aggravante della corruzione che tocca cifre pari all'8% del prodotto lordo. Un sistema sociale così squilibrato regge a fatica in tempi normali, ma al primo soffio di vento di crisi non ha scampo.
I giovani greci, come Stelios studente di economia all'università di Atene, di ritorno dall'estero con un volo low cost, sono tutti concordi sul fatto che l'Europa salverà la Grecia, seppure a caro prezzo. Più cauti gli esponenti della businness community, che pur essendo consci che non ci sono alternative al prestito, recriminano sul fallimento della loro classe politica.
A passare all'attacco ieri sera in tv è stato proprio un leader degli industriali greci, Andreas Vgenopoulos, capo della Marfin, il terzo gruppo finanziario ellenico e proprietario della Olimpic Airways, che ha attaccato pesantemente tutti i politici sulla gestione della crisi. La sua uscita plateale ha suscitato la solidarietà di Alexis Papachelas, noto commentatore politico di Kathimerini, il principale giornale greco, secondo il quale la gente ha «fame di facce nuove rispetto alle vecchie nomenclature» incapaci di gestire la crisi.
Intanto i dipendenti pubblici ieri hanno scioperato contro il piano di austerità che il loro sindacato Adedy ha definito «il più grande assalto ai nostri diritti dalla caduta della giunta» militare dei colonnelli. Una frase che fa il paio con quella di Koutras Theodoro, sindacalista dell'esecutivo del Pame, il sindacato del partito comunista, che si è schierato contro l'aiuto di Fmi e Ue, definiti «due mostri come Scilla e Cariddi, da cui, come Ulisse, bisogna evitare di cadere nella morsa».
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