Non basta: la soluzione che l'Unione Europea ha faticosamente costruito per salvare la Grecia non sembra sufficiente. Gli aiuti dei partner, le risorse già messe a disposizione, la possibilità di un intervento del Fondo monetario internazionale appaiono oggi poca cosa di fronte a un deficit pubblico di Atene peggiore del previsto (il 13,6% del Pil e passibile di ulteriori correzioni al rialzo) e al conseguente declassamento deciso da Moody's. L'Unione però è bloccata, e lo resterà per qualche settimana ancora: uno dei suoi "azionisti di riferimento" - e il più "pesante", la Germania - è impegnato nelle elezioni della Nord Reno-Vestfalia, il più potente dei suoi stati, previste per il 9 maggio.
Fino ad allora il governo di Berlino non avrà il coraggio di proporre e argomentare a favore di decisioni impopolari, come sono agli occhi dell'opinione pubblica tedesca gli aiuti a carico dei contribuenti alla spendacciona Grecia. Il tempo, però, gioca contro l'Europa. I mercati non aspettano, e fanno pressioni sempre meno sostenibili: i rendimenti e quindi il costo del debito greco - ma anche portoghese e irlandese - continuano a salire, anche perché il governo di Atene ha bisogno di rifinanziare prestissimo debiti pubblici per 8,5 miliardi, il 3,5% circa del Pil, in scadenza il 19 maggio. Quando riemergerà dagli impegni elettorali, il cancelliere tedesco Angela Merkel avrà pochissimi giorni a disposizione per definire con i partner una rapida soluzione a una situazione che, nel frattempo, sarà con tutta probabilità peggiorata.
Da un mercato in cerca di governo e senza stabilità a un altro che sembra trovare entrambi. A Washington il senso d'urgenza non è imposto dall'esterno, dai mercati, ma dallo stesso presidente Barack Obama che mantiene il timone diritto e prosegue nel suo tentativo - giusto o sbagliato - di correggere le storture del sistema americano. Dopo aver guidato il paese ad approvare una riforma sanitaria controversa, per gli Stati Uniti, lancia ora la campagna per ristrutturare Wall Street e, ha detto, «imparare la lezione della crisi». I repubblicani protestano, organizzano Tea Party ultraliberisti, ma l'iniziativa è del presidente democratico. Al punto che ieri un emendamento della riforma sui derivati, che chiude le garanzie pubbliche alle aziende attive sugli swap, è stato votato in commissione Agricoltura anche dal senatore repubblicano Chuck Grassley, che ha a lungo presieduto la commissione Finanze e conosce molto bene le questioni economiche.
Il suo collega Richard Shelby sta intanto lavorando fianco a fianco dei democratici per definire un testo bipartisan. Eppure il voto, negli Stati Uniti, è appena più lontano: a novembre sono previste le elezioni di mid-term, che coinvolgeranno l'intera Camera e un terzo del Senato e potranno cambiare gli equilibri politici del paese.