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«Londra deve superare i pregiudizi sull'Unione»

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Venerdí 23 Aprile 2010

Leonardo Maisano
LONDRA. Dal nostro corrispondente
«Lo struzzo britannico continua a credere che stare con il sedere per aria e la testa insabbiata nelle bianche scogliere di Dover, sia sempre una posizione molto elegante». Denis MacShane, 61 anni, ex ministro per gli Affari europei nel governo laburista di Tony Blair, ha le credenziali anagrafiche, prima che politiche, per dirsi "europeo". Padre polacco, madre irlandese, cresciuto in Gran Bretagna con l'aura di massimo, fra i deputati, conoscitore della Francia, è sostenitore della moneta unica e anche per questo è la voce più petulante sui temi europei nel regno di Elisabetta. Sono giorni in cui i destini di Londra nell'Unione scaldano animi, tradizionalmente tiepidi verso il continente che continuano a definire Europa, chiamandosi, anche geograficamente, fuori dai confini della Ue. I liberaldemocratici della star Nick Clegg, sono europeisti convinti, i conservatori di David Cameron sono ferocemente scettici. Così sospettosi da preoccupare il mondo degli affari. Quindici figure di prima grandezza hanno inviato una lettera al Financial Times chiedendo che, al di là dell'esito del voto, Londra si collochi al centro del processo di integrazione. Firme pesanti: da Richard Branson a Lord Brittan ex commissario europeo Tory, da lord John Browne ex chief executive di Bp, a sir Mark Rake presidente di British Telecom.
Cresce il timore verso tanto eurosospetto. Che cosa mai potrà mettere fine all'atteggiamento inglese verso Bruxelles?
Ci vuole una leadership politica decisa a cambiare. Se io voglio essere popolare nel mio collegio elettorale devo fare un discorso antieuropeista. Guadagno consensi anche se è tutto molto schizofrenico perché lo guadagno fra quegli elettori che hanno casa in Toscana, Francia, Spagna. Per secoli gli inglesi se la sono presa con il Papa di Roma, per decenni con i dittatori del Cremlino e ora con i burocrati di Bruxelles. Identificare un nemico aiuta a definire sé stessi.
La crisi ha avvicinato o allontanato gli elettori dal progetto europeo?
C'è stato e continua ad esserci un po' di compiacimento nel guardare la crisi greca. La sensazione di esserne fuori perché non abbiamo aderito all'euro. Ma lo scetticismo è culturale, non è figlio di considerazioni economiche. In questi anni l'atteggiamento del paese verso la Ue non è cambiato molto. E i motivi sono tre: la guerra in Iraq; gli infiniti dibatti sui trattati che hanno mostrato un'Unione europea reclinata su sé stessa; i dieci anni di crescita che hanno accompagnato lo sviluppo del Regno Unito. Ma lo ripeto: la questione è politica e culturale e la propaganda non aiuta.
Colpa de giornali?
Se io chiamo il direttore di un quotidiano anche amico e gli propongo un articolo sull'Unione la risposta è un lamento. L'euronoia è una minaccia, ma non la sola. Immaginate se forze politiche di primo piano in un qualsiasi paese europeo suonassero sistematicamente la grancassa contro l'Europa sostenuti dal alcuni organi di stampa di un editore come Rupert Murdoch. E non solo lui. Quando Gordon Brown disse che non ci sarebbe stato referendum, ma ratifica parlamentare di un trattato europeo, il Daily Telegraph pubblicò una storia al giorno per una settimana. Se tanti sforzi fossero stati fatti contro la Nato ci sarebbero molti dubbi verso l'Alleanza.
In realtà lo scetticismo è anche laburista, storicamente non ha solo la casacca Tory...
Neil Kinnock fu ferocemente contrario, anche Tony Benn. Ma i deputati che i conservatori stanno portando a Westminster sono molto più antieuropeisti di David Cameron.
È rimasto sorpreso dalle posizioni del leader Tory?
Sì. Quando si doveva battere per la leadership del partito lo incontrai nello spogliatoio dei Comuni, io avevo corso lui tornava da un giro in bicicletta. Sotto la doccia gli dissi: «David se diventerai leader come tutti i grandi statisti dovrai sacrificare uno dei pilastri dell'ideologia del partito. Lo fecero Margaret Thatcher e Tony Blair. Mi auguro che getterai via tanto sospetto verso l'Unione». Mi guardò fisso e mi rispose: «Caro Dennis sono molto più euroscettico di quanto tu possa immaginare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Venerdí 23 Aprile 2010
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