Angelo Flaccavento
«Mi definirei un minimalista. Non amo il decoro: preferisco il design essenziale e presto grandissima attenzione ai dettagli che si celano dietro cose in apparenza semplici» dice il trentenne Masataka Matsumura, dal 2005 direttore creativo del marchio Giuliano Fujiwara. Il nome di Fujiwara, prematuramente scomparso, è leggendario: lo stilista appartiene infatti alla prima generazione di iconoclasti giapponesi, arrivati in Occidente negli anni 80. Mentre Rei Kawakubo e Yohji Yamamoto conquistavano Parigi a colpi di nero e destroy chic, Fujiwara, innamorato del Bel Paese fino a cambiare il proprio nome di battesimo in Giuliano, si dirigeva a Milano, introducendo gli uomini alle gioie severe del minimalismo. Venticinque anni dopo, uomini e tempi sono cambiati profondamente, ma la ricetta di Fujiwara, fatta di proporzioni ripensate e sovversione sommessa, non ha perso forza. Anzi, il contrario. Merito di Masataka Matsumura, capace di rispettare in modo personale l'eredità del maestro, aggiungendo ruvidità e gusto per i forti contrasti. Lui, riferendosi all'estetica giapponese del bello transitorio, lo chiama Wabi-Sabi. Noi, lo tradurremo con perfetta imperfezione: linee pure ed eleganza nervosa, in un equilibrio di Oriente e Occidente. Equilibrio che Matsumura vive intensamente, diviso tra Tokyo, dove risiede, e Milano, dove ha voluto che rimanesse il Fujiwara Design Studio. Intanto, il mondo Fujiwara si arricchisce di anno in anno di nuovi tasselli. A marzo è stata introdotta la collezione donna, che si aggiunge a quella di occhiali, borse e scarpe, e ai pezzi d'arredamento. Tre i negozi monomarca: a Tokyo, Milano e Roma. Curiosamente, Matsumura non vuole il proprio nome sull'etichetta, per rispetto dell'ammiratissimo fondatore. Da buon giapponese, è discreto e laconico, ma preciso.
Cosa rende i designer giapponesi così costantemente innovativi?
Direi che è la peculiare combinazione di tradizione e modernità a renderci assai poco convenzionali, almeno rispetto agli stereotipi europei.
Lo spirito del fondatore sopravvive nel marchio?
Naturalmente. Non l'ho mai incontrato di persona, purtroppo, ma lavoro con la moglie Kyomi, colei che ha assicurato continuità all'impresa, e con parecchi membri del suo vecchio team, oltre a studiare il materiale d'archivio. Con Giuliano penso di condividere l'approccio, basato su minimalismo e passione per la sartoria, e poi l'attenzione ai dettagli come valore aggiunto dei capi.
Questa stagione ha aggiunto una collezione donna. Come mai?
Per le insistenti richieste di buyer e giornalisti, ma soprattutto perché sentivo che la collezione femminile era l'elemento mancante nella mia costruzione del lifestyle Fujiwara.
Chi ha in mente mentre crea?
Non persone precise, ma individui dalla forte personalità che vogliono esprimersi attraverso gli abiti.
Come nascono le sue creazioni ?
Da una considerazione attenta di tutti i piccoli dettagli della vita. Filtrati attraverso la mia sensibilità, diventano fonti di ispirazione per le mie collezioni.
Il mix di creatività giapponese e savoir faire italiano è ciò che rende il marchio Fujiwara così speciale?
Più che il mix di Italia e Giappone, mi influenzano Milano e Tokyo. Trascorro sempre più tempo in Italia: di questo paese apprezzo l'eccellenza artigianale, ed è qui che infatti produco la collezione. Tokyo, invece, mi stimola per modernità e futurismo.
Come bilancia creatività e commercio?
Creo abiti veri, che rispettano e si avvicinano ai bisogni del mercato.
Progetti futuri?
Migliorare la percezione del marchio Fujiwara nel mondo. È insieme un sogno, e ciò su cui lavoro sodo per ottenerlo.
Come vorrebbe fosse percepito il marchio Fujiwara?
Moderno, acuto, d'avanguardia.
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