Ma questi decreti attuativi "vanno fatti ad ogni costo"? Perché non istituire nel Pdl una commissione di studio di cui facciano parte i governatori del Nord e del Centro-Sud?
Nella sua strategia dei distinguo politici, uno dei terreni-chiave su cui mettere sotto pressione il governo Berlusconi e la Lega Nord è il federalismo, quello fiscale innanzitutto. Il presidente della Camera Gianfranco Fini non ne è un sostenitore entusiasta. Tutt'altro. Vorrebbe vederci più chiaro, evitando di correre troppo verso l'approvazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale (previsti dalla legge delega approvata nel 2009 a larghissima maggioranza dal Parlamento e con il concorso attivo del Pd). Inevitabile, allora, porsi la domanda: ma davvero si sta approvando a scatola chiusa, senza garanzie di confronto (in primo luogo sul rapporto Nord-Sud) il progetto federalista, cioè la "madre di tutte le riforme", come dice il ministro Giulio Tremonti?
A leggere la road map del federalismo fiscale, francamente, non sembra. A cominciare dagli organismi che se ne devono occupare. C'è la commissione parlamentare per l'Attuazione del federalismo (15 senatori e 15 deputati nominati dai presidenti di Senato e Camera) presieduta dall'onorevole Enrico La Loggia, siciliano doc. La commissione verifica l'attuazione del progetto e riferisce alle camere; formula osservazioni, fornisce al governo elementi utili per i decreti attuativi della riforma ed esprime i relativi pareri. C'è poi la commissione tecnica paritetica per l'Attuazione del federalismo fiscale, presieduta dal professor Luca Antonini, istituita presso il ministero dell'Economia pur operando nell'ambito della Conferenza unificata: 30 componenti di cui 15 rappresentanti tecnici dello stato e 15 rappresentanti degli enti territoriali. Alle riunioni partecipano un rappresentante tecnico della Camera e uno del Senato, nominati dai rispettivi presidenti. Tra l'altro, questa commissione opera quale sede di condivisione delle basi informative finanziarie, economiche e tributarie che provengono dalla pubblica amministrazione centrale e periferica.
C'è il comitato dei rappresentanti delle autonomie territoriali (12 membri) che svolge funzioni di raccordo con gli enti territoriali e si raccorda a sua volta con la commissione La Loggia. C'è la commissione parlamentare di Vigilanza sull'anagrafe tributaria (11 componenti nominati dai presidenti delle due camere) che svolge indagini conoscitive sulla gestione dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi locali. C'è, infine, la conferenza permanente per il Coordinamento della finanza pubblica istituita nell'ambito della conferenza unificata stato-regioni, che deve verificare periodicamente la realizzazione del percorso di convergenza dei costi, dei fabbisogni standard dei vari livelli istituzionali e degli obiettivi di servizio.
Articolata anche la procedura di adozione dei decreti attuativi, che qui è impossibile riassumere. Immaginiamo una sorta di corsa a ostacoli (o "gioco dell'oca") con almeno due passaggi fondamentali in sede di conferenza unificata e per il parere della commissione bicamerale e delle singole commissioni competenti.
Vedremo come finirà la proposta di Fini (definita «ottima» da Berlusconi). Ma certo non correvamo il rischio di approvare il federalismo fiscale ad occhi chiusi.