Sarà l'Italia il prossimo obiettivo della speculazione? La domanda lanciata dal sito "Zero Hedge" è rimbalzata ieri pomeriggio sui blog frequentati dai gestori di hedge fund americani. «Sembra che sia proprio l'Italia il prossimo bersaglio», hanno commentato gli operatori dopo aver visto l'asta dei BoT semestrali chiudersi con richieste appena sufficienti a coprire l'offerta. Non è una novità che il nostro paese sia nel mirino della speculazione. E non è nemmeno strano che un attacco al debito pubblico italiano sia una prospettiva allettante per la grande speculazione internazionale. Non sono solo gli hedge fund a crederlo, ma insigni economisti, come il premio Nobel Robert Mundell e Charles Calomiris della Columbia University. Tuttavia l'Italia non è una preda facile: perché se le dimensioni del suo debito (il maggiore d'Europa) costituiscono un bersaglio evidente, rappresentano pure un osso ben più duro di Grecia, Portogallo o Spagna; e soprattutto perché non è detto che l'Italia sia messa così male.
Probabilmente non è messa peggio della Gran Bretagna che, a deficit annui superiori al 10% per i prossimi anni, associa il maggior indebitamento al mondo delle sue famiglie. E probabilmente non è in condizioni più critiche degli stessi Stati Uniti che, con deficit previsti anch'essi sopra il 10%, dovrebbero raggiungere un debito pari al Pil nel 2011. Senza contare il buco di 6.264 miliardi di $ in carico alle agenzie (Freddie Mac, Fannie Mae) che porterebbe il debito totale oltre il 130% del Pil: oltre quello italiano che, tra l'altro, è in gran parte sottoscritto dai residenti.
Patrick Artus, uno dei più insigni economisti francesi, professore alla Sorbonne e capo economista di Natixis, non crede a un attacco della speculazione internazionale al nostro paese. O, meglio, non crede che l'Italia sia nella condizione d'essere presa di mira. «Non vedo i problemi di liquidità che stanno rendendo acuta la crisi greca. E non vedo nemmeno i problemi economici che rendono fragili Spagna e Portogallo. Il tasso di disoccupazione è lontano da quello dei paesi iberici e in linea con il resto d'Europa e soprattutto l'Italia possiede un'industria forte e un'economia diversificata». Per Artus i mali dell'Italia sono un po' quelli delle nazioni avanzate, le cui economie sono destinate a crescere assai lentamente a causa degli elevati debiti pubblici e del processo di riduzione della leva finanziaria da parte delle famiglie e delle aziende. Infine ci sarebbe un vantaggio relativo per il nostro paese: un deficit sotto controllo e previsto sotto il 3% nel 2011.
L'enfasi data ieri alla tiepida risposta degli investitori all'asta dei BoT cela probabilmente un atteggiamento strumentale. Il responsabile del reddito fisso di una grande banca ricorda che anche il collocamento di Bund trentennali ha avuto la scorsa settimana un'accoglienza piuttosto fredda e che altre aste di titoli a breve videro una scarsa adesione in Germania e Francia proprio tra gennaio e febbraio, quando la crisi dei debiti sovrani provocò la prima ondata speculativa. Quella di questi giorni è la seconda e più massiccia e sembra destinata a durare ancora per qualche giorno. Almeno fino alla vigilia delle elezioni tedesche del 9 maggio. Perché il carburante che sta alimentando la speculazione è soprattutto l'incertezza politica attorno al salvataggio della Grecia. È curioso che in questo vuoto della politica europea si sia inserito il declassamento dei debiti greco e portoghese da parte di Standard & Poor's: come se le agenzie di rating avessero deciso di rincorrere il mercato, non diversamente da quanto s'era visto dopo il fallimento Lehman.