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Fu così che il Congresso Usa scoprì il debito

di Alessandro Merli

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28 Aprile 2010

Venerdì scorso, Douglas Elmendorf ha preso tranquillamente il suo posto al Fiscal Forum del Fondo monetario e dichiarato senza scomporsi che il debito pubblico degli Stati Uniti è «insostenibile nel lungo periodo e già nei prossimi anni creerà rischi crescenti». Assai meno tranquilli erano i suoi interlocutori, sapendo che Elmendorf non è un economista qualsiasi, ma il direttore del Congressional Budget Office, l'organismo chiamato a fornire al Congresso un'analisi obiettiva e "nonpartisan" dei conti pubblici.

Il debito pubblico americano, già ora ai livelli più alti degli ultimi 50 anni, è destinato a gonfiarsi, secondo le cifre del Cbo, dal 53% del prodotto interno lordo nel 2009 al 90% del 2020, in assenza di azioni correttive. In valori assoluti, nello stesso periodo, sarà quasi triplicato, da 7.500 miliardi di dollari a 20.300 miliardi.

La coscienza che il debito pubblico rappresenti una minaccia grave per l'economia americana ha cominciato a entrare nelle discussioni ufficiali a Washington. Ieri ha cominciato i lavori una commissione creata dal presidente Barack Obama per proporre entro sette mesi soluzioni al problema. Due considerazioni inducono a notevole scetticismo sulle sue chance di successo. La prima è che i tentativi più recenti di collaborazione fra democratici e repubblicani, come la riforma della sanità e quella delle regole della finanza, sono naufragati miseramente. La seconda è che le posizioni iniziali sono lontanissime: se il debito va affrontato con una combinazione di tagli alla spesa e aumenti di tasse, come suggerisce Elmendorf, l'equazione delle ragioni dell'economia con quelle della politica appare destinata a non trovare soluzione. Perché, a parte la furiosa opposizione delle lobby, i tagli alla spesa incontrano probabilmente l'opposizione invalicabile della maggioranza dei democratici. E perché sulle tasse entrambi i partiti si sono legati le mani: i repubblicani con il dogma di "no new taxes" e i democratici con la promessa di Obama di non alzare le imposte alla classe media, il che significa il 95% degli americani.

Tra le altre cifre presentate da Elmendorf, c'è la spesa per interessi sul debito, che nel 2020 toccherà il 14% del totale della spesa federale, la quarta voce dopo pensioni, sanità e difesa. E questo partendo da una situazione in cui i tassi d'interesse sono straordinariamente bassi. Se gli investitori, molti dei quali internazionali, dovessero prendere per buona l'analisi secondo cui il debito Usa è insostenibile, e convincersi che i meccanismi della politica non sono in grado di mettervi riparo, potrebbero cominciare a chiedere rendimenti nettamente più alti o addirittura rifiutarsi di sottoscrivere altri Treasuries.

Alla cerimonia di apertura dei lavori della commissione, ieri, nessuno ha avuto il cattivo gusto di citare la Grecia, ma l'insostenibilità di cui parla Elmendorf può materializzarsi assai prima del lungo periodo quando gli investitori perdono la fiducia.

28 Aprile 2010
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