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L'ECONOMIA E LE IDEE / Troppi abitanti? Malthus non fa più paura

di Gianfranco Fabi

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29 Aprile 2010

In questo inizio del XXI secolo, in maniera del tutto silenziosa, sta avvenendo la svolta più significativa nella storia dell'umanità. Per la prima volta infatti dai tempi di Adamo ed Eva la crescita della popolazione mondiale non aumenta più di velocità, ma inizia a rallentare fino a lasciare prevedere nel giro di pochi decenni il raggiungimento di una sostanziale stabilità. Ci sono voluti dodici anni, sia dopo il 1975 sia dopo il 1987, per aggiungere un miliardo alla popolazione mondiale passando a cinque e poi a sei miliardi. Ora ce ne vorranno almeno 14 di anni per raggiungere i 7 miliardi con una popolazione che entro la fine del secolo, forse senza riuscire a toccare i 9 miliardi, inizierà gradualmente a diminuire.
Nei paesi industrializzati, tranne che in Francia e paesi scandinavi, il tasso di natalità è già ora tale che solo con l'immigrazione si mantiene una pur limitata crescita della popolazione. Ma anche nei grandi colossi mondiali il processo di riduzione del tasso di natalità appare ormai irreversibile. Più velocemente in Cina, più lentamente in India l'effetto congiunto del maggiore benessere e della diffusione dell'educazione, dei metodi anticoncezionali e dell'aborto stanno portando la natalità al di sotto della soglia di sostituzione.
Appare quindi definitivamente superata la drammatica profezia di Thomas Robert Malthus, il reverendo inglese che alla fine del Settecento con il suo Saggio sul principio di popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società diede il via a una corrente di pensiero che ha progressivamente aumentato nei secoli i propri discepoli. Contribuendo tuttavia a creare l'illusione che le politiche demografiche potessero sostituirsi agli interventi reali per favorire la crescita.
Le profezie di Malthus non si sono avverate. Il mondo è ben lontano dai più di duecento miliardi di abitanti a cui si sarebbe dovuto arrivare se si fosse mantenuta la crescita con progressione geometrica indicata dal reverendo inglese. E il sottosviluppo e la povertà sono del tutto riconducibili più alla corruzione, all'inefficienza, al protezionismo e alle ambizioni dei poteri politici, spesso dittatoriali, che alla pressione demografica.
Nella storia del mondo la crescita della popolazione è stata sempre affiancata da progressi nella tecnologia, nei metodi di coltivazione, nell'efficienza della produzione e dei commerci. Ora come afferma Fred Pearce, giornalista di New Scientist, nel suo Il pianeta nel futuro, «stiamo uscendo dalla più massiccia espansione demografica della storia umana»: ci avviamo a un mondo in cui i problemi saranno sempre più l'esatto contrario di quanto temuto da Malthus. Le società occidentali, e soprattutto l'Italia, si trovano già ora a dover fare i conti con la bassa natalità, per l'allungamento della vita media, per la scarsa partecipazione femminile al lavoro, per l'alta età media in cui i giovani trovano un'occupazione. Con la necessità di gestire un'immigrazione altrettanto indispensabile, quanto complessa sotto il profilo sociale. Senza dimenticare che il calo demografico dell'Occidente rientra sempre più spesso, nel giudizio degli economisti, tra le cause strutturali della crisi che ha investito negli ultimi anni il sistema economico.

29 Aprile 2010
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