È difficile capire quanto avvenuto lunedì tra Sicilia e Lombardia. Nello stesso giorno, la magistratura nissena ha liberato la Calcestruzzi dalla tutela giudiziale e ha firmato nuovi arresti di consulenti e impiegati della stessa società, per lo stesso filone di indagine avviato oltre due anni fa: forniture di calcestruzzo scadente, creazione di fondi neri con cui pagare la mafia per controllare il mercato. È difficile capire innanzitutto perché non si conoscono le carte. Ma anche perché sfugge il senso di una conduzione così dura di un'inchiesta che in tanti mesi non ha individuato fondi neri, non ha sbarrato un cavalcavia a rischio e che – soprattutto – non ha mai chiarito il mistero dell'inesistente monopolio che Bergamo manterrebbe rubacchiando cemento, pagando i boss, rinunciando all'onore. Difficile da credere per un gruppo mondiale, Italcementi, che si è dotato di governance innovativa e severa solo per operare al Sud. Una strada opposta a quella degli applausi ai padrini arrestati. Pm e giudici, meritoriamente attivi al Sud, dovrebbero forse imparare a dosare con saggezza il bisturi e la sciabola, per non rischiare di fare a pezzi il buon tessuto civile che si sta formando anche nelle realtà più refrattarie a sviluppo e legalità.