In Spagna il clima non è certo da "day after". Il declassamento deciso da Standard & Poor's mercoledì aggiunge incertezza al quadro d'insieme, ma secondo gli economisti «ha più un impatto piscologico che concreto». Ieri i mercati hanno reagito bene allo scossone e il ministro delle finanze, José Manuel Campa, ha ribadito che la Spagna «non ha alcun problema di liquidità» e che tutte le scadenze del debito (16 miliardi di euro a luglio) verranno rinnovate nei tempi prestabiliti. In aggiunta, secondo Juan Ignacio Crespo di Thomson Reuters, il settore bancario spagnolo è uno dei migliori al mondo in quanto a solvibilità e patrimonio.

Insomma si tenta di gettare acqua sul fuoco della speculazione e di minimizzare l'accaduto, sostenendo che la Spagna è un paese affidabile. Madrid ha buon gioco nel ricordare che nonostante il taglio di mercoledì, due agenzie di rating su tre le assegnano la tripla A e che tutte e tre la collocano davanti all'Italia. Il governo ha ribadito che rispetterà gli impegni di riequilibrio dei conti pubblici presi con Bruxelles, anche se il commissario Joaquin Almunia ha ribadito ieri che la Spagna deve varare misure urgenti se intende far fronte afficacemente alla crisi e bloccare la speculazione.

Questo scenario però non convince tutti. Per Lorenzo Bernaldo de Quiros, uno degli economisti più critici nei confronti della politica del governo, è impossibile per la Spagna, visto lo stallo della sua economia, migliorare la situazione dei conti pubblici e che vi sia un reale rischio di "argentizzazione". «La perdita di fiducia - dice - avrà effetti sui flussi finanziari internazionali verso la Spagna, ma anche sulle banche, che hanno investito in debito pubblico. Sono dunque pessimista e vedo un peggioramento della situazione prima dell'estate».

Il vero nodo di tutta la questione sembra essere quello della mancata crescita. Gregorio Izquierdo, direttore dell'Istituto di Studi economici (Iee) di Madrid, osserva che il taglio di S&P's era nell'aria e che il richiamo dell'agenzia «è uno stimolo in più per migliorare». L'economista ammette che l'analisi di S&P's è severa, ma corretta. «Nel secondo trimestre - dice - la Spagna uscirà dalla recessione, ma il terzo e quarto saranno difficili. Credo che anche quest'anno avremo un saldo negativo di posti di lavoro».

Come uscire dunque da questo impasse? Dopo l'ubriacatura del decennio scorso la Spagna ha perso rapidamente competitività e il miracolo economico, basato sull'immobiliare e sul credito a pioggia, si è rapidamente dissolto. L'economista Jean Pisani Ferri punta l'indice sull'efficienza: «Negli ultimi 10 anni i salari in Spagna sono aumentati del 50% mentre la produttività è cresciuta solo del 7%». La ricetta dunque sarebbe quella di congelare i salari (se non addirittura ridurli).

Rigore, sia nel settore privato, sia in quello pubblico. E non basta certo il piano di austerità da 50 miliardi in 4 anni varato recentemente dal Governo, gli aggiustamenti nell'aumento dei salari e nei livelli occupazionali nell'amministrazione pubblica (oggi il consiglio dei ministri dovrebbe annunciare nuovi tagli).

È dunque indispensabile procedere alla riforma del mercato del lavoro, per rendere i rapporti meno onerosi e più flessibili; a quella delle pensioni con l'allungamento dell'età lavorativa da 65 a 67 anni; infine frenare la spesa pubblica. Tre misure sicuramente impopolari, da mesi in discussione con le parti sociali e che dovrebbero approdare concretizzarsi tra poche settimane. Nel frattempo la Spagna cerca di "aguantar", di resistere, sperando che la speculazione non faccia altri danni.

PERCHÉ
Come mai Standard & Poor's ha tagliato per la seconda volta il rating sovrano della Spagna?
Perché ha rivisto al ribasso le sue stime sulla crescita media annua del Pil spagnolo da +1% a +0,7% nel periodo 2010-2016 a causa della fine del modello di crescita fondato sul credito

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