L'arrivo del leghista Roberto Maroni sulla poltrona di ministro dell'Interno non era stata certo salutata con squilli di tromba. Due le critiche ricorrenti. La prima: un esponente della Lega, il partito più lontano dall'unità nazionale, è la persona meno indicata ad assumere la responsabilità del ministero che rappresenta il governo sul territorio. Sottinteso: Maroni si sarebbe occupato dei problemi del Nord o comunque cari al suo elettorato e si sarebbe dimenticato del Sud. Qui veniamo alla seconda critica preventiva: Maroni non avrebbe combattuto la mafia. L'uomo sbagliato nel governo sbagliato. Invece i fatti stanno smentendo i pregiudizi. Basta scorrere l'elenco dei latitanti catturati negli ultimi due anni per accorgersi che il ministro Maroni la mafia la combatte. Nell'ultima settimana, in provincia di Reggio Calabria, ha dato dimostrazione di difendere gli interessi del paese. È stato arrestato il boss Tegano, sgominata la cosca Pesce di Rosarno e debellato il caporalato nella stessa cittadina della Piana di Gioia Tauro che solo a inizio anno era stata protagonista di una rivolta contro gli immigrati. Bravo ministro Maroni. Almeno fino a oggi.