La crisi mette sotto pressione il sistema dei confidi. Le imprese faticano a restituire i finanziamenti alle banche. E i consorzi di garanzia ne rispondono. La strategia di trasformazione in intermediario vigilato, così, diventa croce e delizia.
Chi è già sottoposto alla vigilanza della Banca d'Italia dovrà trovare i soldi con cui rispettare i coefficienti patrimoniali indicati da Via Nazionale. Chi invece ha presentato la domanda, ma non ha avuto ancora il placet, può tirare un sospiro di sollievo: ripuliti i conti nel precrisi e archiviato un 2010 segnato dal deterioramento dei crediti, quando arriverà l'ok di Palazzo Koch tutto sarà più semplice. Le cose si sono messe male già l'anno scorso. Secondo Federconfidi, che raduna i consorzi di matrice industriale, i finanziamenti concessi dalle banche in essere al 31 dicembre del 2009 sono aumentati del 38% attestandosi a 12,1 miliardi e le garanzie in essere rilasciate dai confidi sono salite della stessa percentuale, a 5,2 miliardi. A livello di mercato, secondo i conteggi di Assoconfidi (riunisce tutte le federazioni), gli affidamenti garantiti in essere sono saliti del 20,7% a 45 miliardi di euro e le garanzie rilasciate del 21% a 22 miliardi di euro. Peccato che, soltanto per i consorzi associati a Federconfidi, le posizioni insolute pagate dai confidi alle banche siano state pari a 40 milioni di euro, con un incremento del 23 per cento.
«Già nel 2009 – dice Massimo Perini, presidente del Confidi Province Lombarde – abbiamo provveduto a rafforzare la nostra fisionomia patrimoniale grazie a 3,5 milioni di euro dati dalla Camera di commercio di Milano e a 5 milioni di euro di prestito subordinato dalla Regione Lombardia». Dunque per Confidi Province Lombarde, che l'anno scorso ha avuto finanziamenti in essere per 1,1 miliardi (+13%) e garanzie in essere per 700 milioni (+13%), il problema dell'equilibrio patrimoniale non esiste. Anche se ha sentito il bisogno di accantonare al fondo rischi, per future insolvenze, 7,5 milioni di euro.
Spesso il problema della tenuta dei confidi non riguarda soltanto i confidi di per se stessi. L'equilibrio complessivo del sistema è infatti concentrato anche nei soggetti che esercitano la controgaranzia. Secondo più di una fonte interpellata dal Sole 24 Ore, infatti, se la giunta Formigoni decidesse di ricapitalizzare con 50 milioni di euro un organismo come Federfidi Lombardia, l'intero tessuto imprenditoriale della prima regione italiana ne beneficerebbe. A fronte di 100 euro prestati dalla banca, di solito il confidi offre una garanzia di 50. Con una controgaranzia di 25, il confidi potrebbe garantirne 25 liberando capitale per coprire altre operazioni. «In questo momento – dice Piergiorgio Scoffone, responsabile del centro di documentazione Aracne – la crisi ha avuto un effetto paradossale: i confidi che si sono trasformati in intermediari finanziari dovranno trovare i soldi con cui riportare i coefficienti patrimoniali in regola». Attualmente ci sono 14 confidi vigilati. Nel mondo confindustriale nessuno ha ancora ricevuto il bollino da Palazzo Koch, anche se in undici hanno presentato domanda per l'iscrizione all'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del Testo Unico Bancario. «I 14 confidi già vigilati – osserva Scoffone – hanno avuto nel 2009 un flusso di garanzie prestate pari a 2,8 miliardi. A differenza degli altri, quelli vigilati devono compiere una serie di accantonamenti netti pari circa al 7% di questo valore». Dunque, quest'anno ai 14 vigilati serviranno poco meno di 200 milioni. «Il problema – continua il direttore di Aracne – è chi li metterà. I confidi, soprattutto nel pieno di una crisi così grave, non sono in grado di generarli. Dunque, tutti andranno a bussare alle Regioni e alle Camere di commercio». Nonostante questo passaggio complicato, l'opzione soggetto vigilato resta essenziale, per un mercato lontano dai riflettori ma imprescindibile per il buon funzionamento dell'economia. «La buona governance – rileva Francesco Bellotti, presidente di Federconfidi – è essenziale per la modernizzazione di questo mercato. Come il processo di aggregazione, su cui da tempo siamo impegnati. E come il rafforzamento del patrimonio». Per esempio, al di là della questione della vigilanza, un tema all'ordine del giorno resta la possibilità, su cui manca ancora la legislazione definitiva, dell'apertura del capitale a soggetti che non siano esclusivamente imprese. «Il nodo da affrontare – dice Giovanni Lettieri, presidente degli imprenditori di Napoli – è che i Confidi sono troppo parcellizzati, in questo modo si sprecano risorse. Dobbiamo invece valorizzare i Confidi e per farlo vanno accorpati, per costituire una massa patrimoniale più consistente. Occorre una svolta, con la concentrazione e la trasformazione del Confidi in una banca di credito cooperativo di garanzia. La razionalizzazione dei Confidi e la loro concentrazione sono passaggi importanti in vista di Basilea 3, che impone alle banche una stretta sui fidi proprio quando serve liquidità». Certo, visto lo scenario economico attuale Lettieri ricorda che una proroga di Basilea 3 sarebbe certamente auspicabile.
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