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In sette mesi dalla festa all'incubo

di Angelo Mincuzzi

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6 Maggio 2010
In sette mesi dalla festa all'incubo. Nella foto un poliziotto colpito da una molotov lanciata dai manifestanti

Atene, sette mesi fa. Le telecamere indugiano sul volto raggiante di un George Papandreou felice come mai. Le bandiere sventolano, la folla esulta. I numeri, schiaccianti, incoronano il leader del Pasok nuovo padrone della Grecia: 160 deputati su 300 e dieci punti di vantaggio sui rivali del conservatore Kostas Karamanlis. È il 4 ottobre 2009, le urne sentenziano che il paese ha deciso di cambiare, convinto dallo slogan del leader socialista: «Ridaremo il sorriso alla Grecia».

Atene, ieri. Il paese paralizzato dallo sciopero generale, la folla che invade le strade, il lancio delle molotov, il fuoco, la rabbia. E i morti. Le telecamere ora indugiano sulla violenza della guerriglia urbana e sul fumo – acre – che soffoca l'aria. Da Bruxelles la Ue affida al commissario per gli Affari economici, Olli Rehn, il compito di gettare acqua sul fuoco: «Se ce ne sarà bisogno copriremo le necessità della Grecia anche nel 2013», dice. Ma intanto Atene brucia. E questa volta brucia davvero.

Dalla festa all'incubo. E in mezzo, sette mesi da dimenticare nei quali si consuma una tragedia che non è ancora terminata. Il lungo film, dalla gioia alla rabbia, è denso di suspence e di colpi di scena. La trama sembra quella di un cult movie di Brian De Palma. Ma conviene tornare a quei giorni di sette mesi fa per capire come si sia arrivati a tutto questo. E allora: rewind.

È trascorsa solo una settimana dalla vittoria e già il volto di Papandreou si è trasfigurato in una maschera senza espressione. L'annuncio del governo coglie tutti di sorpresa: il rapporto deficit-Pil è balzato al 12,7% dal 6% previsto. Dalla sera alla mattina la fotografia del paese è cambiata drammaticamente. La notizia è uno shock. Il 19 ottobre, 15 giorni dopo le elezioni, il ministro delle Finanze, George Papaconstantinou, rivela anche che il debito statale salirà al 120% del Pil. È l'ammissione che il paese ha vissuto per anni sul filo di una grande menzogna, che le cifre dell'ufficio di statistica sono state truccate per anni.

Il bluff è finito. Moody's mette sotto esame il debito di Atene, l'Unione europea accende un riflettore sulla Grecia. Papandreou aveva promesso un piano di stimolo economico da tre miliardi di euro e di aumentare i salari oltre il tasso di inflazione, ma ora quelle promesse sono carta straccia. Il leader del Pasok va in Parlamento e annuncia un bilancio di austerità per il 2010 per «salvare il paese dal fallimento» e ridurre il deficit al 9,1%. Non basta. La speculazione si abbatte sui titoli di stato e lo spread con i bund tedeschi inizia ad allargarsi. Diventerà una voragine. Le agenzie di rating cominciano a sgretolare un po' alla volta il tasso di affidabilità del debito del paese. Erosione dopo erosione, a fine aprile avrà lo stesso rating di un titolo spazzatura.

Ancora a metà dicembre Papandreou annuncia che la Grecia non chiederà l'aiuto del Fmi. «La Grecia non è Dubai», sentenzia. Ma forse neanche lui crede più alle sue parole. Così due giorni dopo vara la prima delle quattro manovre correttive in sette mesi. È una rincorsa contro il tempo per ridare fiducia ai mercati: annuncia il taglio del 10% delle spese del welfare, l'abolizione dei bonus per i manager delle banche pubbliche e un'imposta del 90% per quelli privati. E ancora, la riforma del fisco e delle pensioni. Con l'obiettivo di riportare il rapporto deficit-Pil sotto il 3% in quattro anni. Lo slogan ora non è più «la Grecia non è Dubai», ma «o cambiamo o affondiamo».

I fotogrammi si affastellano l'uno sull'altro mentre a gennaio una Ue divisa e incerta sul da farsi vince le titubanze, sospinta dal timore che la crisi possa dilagare nell'area euro. A febbraio Papandreou torna a tirare il freno. La nuova manovra prevede il congelamento di tutti i salari pubblici, l'aumento dell'età pensionabile e nuove tasse sui carburanti. I sindacati non ci stanno e scendono in piazza. Poi nuove misure, nuovi scioperi, scontri e disordini nelle piazze. La Ue finalmente annuncia di essere pronta ad aiutare la Grecia, ma nei comunicati ufficiali non c'è traccia di numeri. La ciambella di salvataggio è bucata. Solo ad aprile Bruxelles vara un piano di aiuti di emergenza per 30 miliardi di lire. Ma non basta ancora. I titoli di Stato sono sotto tiro, precipitano sempre più e i rendimenti volano alle stelle. Fino a quando, all'inizio di maggio, la riluttante Germania dà il via libera al pacchetto di aiuti per 110 miliardi in tre anni, in cambio di ulteriori tagli al bilancio statale della Grecia.

Si arriva alle immagini drammatiche di ieri. Un fronte interno che sarà cruciale per Papandreou. I lavoratori dipendenti non ci stanno ad accollarsi il fardello più pesante, anche se anni di clientelismo e corruzione hanno gonfiato all'inverosimile gli organici degli uffici pubblici. I giovani non ci stanno a immolarsi in un paese dove l'evasione fiscale ha raggiunto livelli fuori controllo. Così la tenuta sociale del paese è seriamente a rischio. Il film si interrompe qui, almeno per ora. Ma potrebbe essere solo un prologo.

6 Maggio 2010
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