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Banche assediate a Piazza Affari

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Venerdí 07 Maggio 2010

Walter Riolfi
Quello che s'è visto sui mercati europei, e su Piazza Affari in particolar modo, poteva essere interpretato come il segnale di un incombente grave pericolo. Ma quanto è successo a Wall Street alle 20.46, quando l'indice S&P è arrivato a perdere l'8,3%, ha creato il panico assoluto. I soliti sistemi computerizzati, hanno spiegato gli operatori che non credevano alla scusa dell'errore umano, gli stessi algoritmi che nell'ottobre del 1987 fecero crollare Wall Street di oltre il 20%. Forse, questa volta, hanno deciso di staccare la spina e alla fine la borsa ha chiuso "solo" con una caduta del 3,24%. Ma torniamo all'Europa che in questa fase più torrida della crisi dei debiti sovrani s'è assunta l'inusuale ruolo di guida dei mercati finanziari. Ovviamente nel male.
I numeri in chiusura (-1,46% lo Stoxx, -2,93% Madrid, -2,2% Parigi, -1,52% Londra, -0,84% Francoforte) rendono assai poco il senso di smarrimento che s'è provato nel pomeriggio. Lo rende un po' meglio il -4,72% di Piazza Affari o il -4,4% dell'indice bancario europeo. Ma lo rappresentano perfettamente i crolli di Intesa e di UniCredit che, a un quarto d'ora dalla fine, si misuravano rispettivamente in -12,5% e -11,1%. In chiusura le perdite s'erano ridotte al 7,5% circa, quelle di Mediobanca all'8% e tra il 6 il 7% per Banco Popolare e Ubi Banca. In ogni caso si tratta di cadute doppie rispetto alle banche europee. Se si aggiunge che anche i BTp sono pesantemente scivolati, per la prima volta da quando s'è manifestata la crisi, e che per questo sono volati di 21 centesimi gli spread sui titoli tedeschi, e che infine correvano in mattinata strane voci su un'imminente revisione al ribasso del rating italiano da parte di Standard & Poor's (voci smentite nel primo pomeriggio), s'è pensato a un attacco concentrico all'Italia.
L'attacco c'è stato e più violento dei giorni scorsi, ma in realtà ancora all'Europa, come suggerisce il cambio euro-dollaro precipitato fino a sfiorare 1,25 (1,26 in chiusura). L'Italia ha fatto ieri da anello debole, probabilmente non per una sua maggior debolezza finanziaria, ma solo perché quello italiano è il maggior debito del continente e le nostre banche sono quelle che in termini assoluti e relativi hanno la quota più grande di titoli di stato del proprio paese. Tutto è iniziato nel pomeriggio dopo le parole di Jean-Claude Trichet: cos'ha detto di tanto terribile il presidente della Bce? «Nulla, non ha detto proprio nulla di nuovo: questo è il problema», commenta il responsabile dei titoli di una grande banca. Non diversamente dai suoi colleghi, voleva sentirsi dire che la Bce era pronta a comprare i titoli di stato dei paesi euro, come fece la Fed con il programma Tarp (ne acquistò per 1.250 miliardi di $).
Siamo dunque ritornati a una crisi di liquidità come nel 2008? Non esattamente: perché la liquidità oggi abbonda, ma i mercati obbligazionari sono da qualche giorno quasi del tutto illiquidi. Insomma si scambia poco perché con i prezzi tra proposte d'acquisto e di vendita arrivati a differire di 15-20 punti base, nessuno più compra e nessuno più vende. Se si pensa che un punto base equivale a circa 7 centesimi di rendimento, si capisce che un bond renderebbe l'1% in più o in meno a seconda che lo si venda o lo si acquisti. Così, da martedì, sono quasi del tutto scomparsi dai book di negoziazione i grandi operatori internazionali, i cosiddetti market maker.
Un mercato illiquido significa che chi deve vendere non lo può fare ed è costretto a proteggere i propri titoli in altro modo: acquistando i credit default swap, per esempio, che ieri difatti sono schizzati verso l'alto, tanto per i bond governativi quanto per quelli societari (gli indici iTraxx sono ai massimi degli ultimi 12 mesi). Ma c'è un'altra via: vendere le azioni delle banche che sono piene di titoli di stato. È una sorta di vicolo, perché il mercato azionario è enormemente più piccolo di quello obbligazionario. Così, quando verso le 16 di ieri qualcuno dall'America ha iniziato a "proteggersi" vendendo i titoli bancari dei vari paesi, il settore ha cominciato a precipitare. Altri investitori si sono accodati facendosi confezionare panieri (basket) di opzioni put (al ribasso) dai broker internazionali. Tra loro, anche parecchi italiani e il vicolo s'è definitivamente intasato.
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Venerdí 07 Maggio 2010
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