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Stangata bis dagli habitué della speculazione

di Fabio Tamburini

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08 Maggio 2010

Il convitato di pietra dei mercati finanziari internazionali è una massa enorme di liquidità, sempre alla ricerca di sbocchi adeguati. Di volta in volta è toccato agli investimenti sulle materie prime, poi sull'oro e sui nuovi derivati. Ma la voglia di speculazione non dà tregua. E negli ultimi giorni ha messo sotto tiro i paesi europei più vulnerabili, a partire dalla Grecia, travolgendo le Borse sotto ondate di vendite. Diceva Aldo Ravelli, per mezzo secolo numero uno di Piazza Affari, scomparso a metà anni 90: «Se c'è chi perde, c'è anche chi guadagna». E aggiungeva: «Il fatto è che a perdere sono sempre i risparmiatori, mentre a guadagnare sono i soliti quattro o cinque».
Chi sono, oggi, "i soliti quattro o cinque"? Sul banco degli imputati siedono le banche d'affari anglosassoni superstiti come Goldman Sachs, uscite perfino rafforzate dal crollo dei mercati cominciato nel luglio 2007 e qualche rivale europeo, con forti sospetti su Deutsche Bank, con l'aggiunta degli hedge fund di turno. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il presidente Obama, in un'intervista alla Cbs, ha definito polemicamente quei banchieri come "fat cats", i gatti grassi di Wall Street. Passata la grande paura provocata dalla grande crisi, le grandi riforme che dovevano stabilire nuove regole per mettere sotto controllo il mondo della finanza sono sostanzialmente sfumate. E tutto è ricominciato esattamente come prima. Anzi, più di prima.
In particolare sono tornate le speculazioni finanziarie che vivono di vita propria, senza rapporti effettivi con l'economia reale, con il mondo delle imprese. Punto di partenza sono stati i conti disastrosi della Grecia. Ma l'allarme è anche per altri paesi come Irlanda, Portogallo, Spagna. Così, in pochi giorni, l'euro ha perso la corona di moneta forte passando da 1,5 sul dollaro al rapporto di 1,26-1,27. L'assalto all'arma bianca è avvenuto giocando di sponda con le agenzie di rating, specializzate in interventi a orologeria per affossare le borse europee. E il sospetto, piuttosto diffuso, è che sia stato utilizzato su larga scala un trucco antico: le informazioni riservate che permettono di operare massimizzando i profitti e riducendo i rischi.
Di sicuro, nelle ultime due settimane, il ruolo svolto dalle agenzie di rating è stato decisivo. Ecco alcuni esempi. Martedì 27 aprile il verdetto negativo di Standard & Poor's sul Portogallo ha provocato perdite secche dei listini europei. Il giorno dopo le quotazioni erano in netta ripresa grazie all'annuncio del premier tedesco, Angela Merkel, favorevole al piano d'intervento europeo per sostenere la Grecia. Ma implacabile è intervenuta Standard & Poor's, con il taglio del rating di lungo termine della Spagna. Infine, giovedì 6 maggio, l'effetto positivo sui mercati azionari del buon andamento dell'attesa asta sui titoli di stato spagnoli è stato del tutto annullato dal rapporto negativo di Moody's, che informa sul possibile effetto contagio del caos greco sul sistema bancario europeo.
Il crollo dei mercati azionari europei ha ovviamente coinciso con quello dell'euro. Ma proprio qui c'è la conferma che la medaglia ha sempre due facce. Quella positiva è che il crollo dell'euro ridà slancio alle imprese europee, aumentandone la competitività. «Il calo dell'euro è benedetto», dice Roberto Zuccato, presidente dell'Unione industriali di Vicenza, secondo cui «occorre tempo perché la macchina si era fermata e ora va rimessa in moto».
fabio.tamburini@ilsole24ore.com

08 Maggio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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