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A Wall Street esplode la volatilità

dal nostro corrispondente Mario Platero

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9 Maggio 2010

NEW YORK - Nel fine settimana in America si è lavorato alacremente per dare qualche certezza agli operatori finanziari: la volatilità di giovedì scorso che ha lasciato morti e feriti gravi nelle trincee del mercato non è più un mistero. Il crollo improvviso di mille punti e il recupero di 700 punti per l'indice Dow Jones, il rapporto euro dollaro precipitato a quota 1.25 in pochi minuti, l'oro alle stelle, titoli tradizionalmente stabili come Procter and Gamble con variazioni del 40% in dieci minuti, sono fenomeni che non si devono ripetere. Almeno, questa è la promessa per rassicurare i mercati: ci vogliono nuovi «circuit breakers», «fusibili» pronti a saltare bloccando gli ordini automatici in caso di anomalie e ci vogliono limiti all'esecuzioni di ordini anomali sul mercato: è evidente che le autorità non hanno tenuto il passo con l'evoluzione degli automatismi delle operazioni di compravendita di strumenti finanziari astrusi. Ora almeno, la dinamica è chiara. Gli inquirenti hanno individuato la catena di eventi, dall'ordine sbagliato per P&G all'effetto domino incontrollato "interno" al mercato, fatto di esecuzioni di ordini automatici di vendita ad alta frequenza (high frequency trading) di scambi flash (flash trading), di scatole nere (dark pools) che ripropongo l'altissimo rischio rappresentato da quel cocktail di estrema rapidità, millisecondi, operazioni scoperte al margine, opacità e presunta informazione privilegiata che confluisono nella più astrusa ignegneria finanziaria. Giovedì gli ordini che si moltiplicavano per via degli algoritmi programmati nei modelli di vendita sono stati arrestati solo quando alle macchine si è sostituito l'uomo. Solo l'uomo poteva capire che senza notizie che giustificavano le vendite doveva esserci qualcosa che si era rotto nei meccanismi automatici. Oggi, si dice, deve succedere lo stesso. In America sono al lavoro i cervelli "umani". I vertici del Nyse e Chicago Mercantile Board of trade, dopo essersi beccati a vicenda venerdì cercano di sintonizzare i blocchi delle contrattazioni e di introdurre nuove categorie di "fusibili" in comune. In Senato ci si rende conto di quanto sia urgente varare una riforma del sistema finanziario. Alla Casa Bianca, c'è una squadra sotto la guida di Larry Summers che guarda al mercato interno, ma anche a quel che sta capitando dall'altra parte dell'Atlantico, con una raccomandazione ai compagni europei: agite al più presto, evitate l'effetto domino.

«Non ci voleva. Noi siamo in mezzo a un passaggio economico delicato verso la crescita sostenibile. L'Europa non ha altra scelta: intervenire massicciamente per deviare il rischio di contagio e neutralizzare la volatilità». Chi parla è un ex banchiere che era nella stanza dei bottoni al Tesoro durante la crisi di Wall Street ed esprime una certezza: «la Bce non ha altra scelta, dovrà intervenire come ha fatto la Fed nel momento più buio della crisi, acquistando titoli "tossici" delle tesorerie europee dal mercato». La tensione in America è evidente. Un contagio europeo minaccia il modello su cui puntavano fino a due mesi fa gli americani rischia di avvitarsi su se stesso: un dollaro competitivo, una ripresa dell'occupazione, una staffetta fra crescita indotta e crescita sostenibile, un rimpatrio soddisfacente di profitti, una borsa in crescita solida, una politica monetaria accomodante forse anche fino alla fine dell'anno. Di queste variabili, due sono saldamente in posizione. La crescita dell'occupazione e la ripresa dei consumi: la staffetta è in corso. Il resto però è in alto mare. Due mesi fa il dollaro era a quota 1,40 contro l'euro. Giovedì ha toccato un minimo di 1,25, apriremo la settimana attorno a quota 1,27. La borsa è nervosa, il rafforzamento del dollaro avrà un riflesso sui bilanci delle società che esportano nell'area euro, su quel comparto che doveva finalmente riprendersi. La partita in gioco dunque è complessa. Non riguarda solo l'eurozona, ma le dinamiche di crescita americana nel post crisi finanziaria. Del resto non si dice nulla di nuovo quando si sottolinea l'intreccio - a volte pericoloso - del mercato globale.

9 Maggio 2010
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