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Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi  (AP)

29 novembre 2006

Varato lo statuto di Bankitalia: banche critiche sui dividendi. Draghi: proprietà da rivedere

di Rossella Bocciarelli


Disco verde al nuovo statuto della Banca d'Italia da parte dell'assemblea straordinaria dei partecipanti al capitale. Con una riunione durata poco più di mezz'ora, l'assemblea straordinaria della Banca d'Italia ha approvato il nuovo statuto che verrà adesso inviato al Governo per l'emanazione del decreto di approvazione da parte del Presidente della Repubblica, su proposta del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro dell'Economia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri,così come previsto dalla legge di riforma del risparmio.
Nel corso dell'assemblea i rappresentanti delle banche partecipanti al capitale sono tuttavia intervenuti per manifestare «insoddisfazione »per la ripartizione degli utili così come è regolata dagli articoli 39 e 40 del nuovo statuto. Lo ha fatto Demetrio Cofone,il legale rappresentante di Banca Intesa, che è in possesso delle quote maggiori di Bankitalia.
Si è detto insoddisfatto anche il presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna e vicepresidente dell'Acri, Antonio Patuelli. «Abbiamo osservato con preoccupazione — ha detto Patuelli — il mantenimento degli articoli 39 e 40 dello statuto il cui contenuto non è più attuale alla luce della legge sul risparmio.Dal momento che c'è una legge che punta all'esproprio —ha aggiunto— gli articoli 39 e 40 mettono dei catenacci. Il timore è che questo apra la strada ad una valutazione troppo bassa in luogo dell'equo indennizzo previsto dalla Costituzione per gli espropri».
Dal canto suo al momento del voto, il Governatore Draghi ha proposto che, al verbale dell'assemblea, venisse sintetizzato quanto espresso da Banca Intesa prima, da Patuelli poi e infine dal legale rappresentante del San Paolo come «una preoccupazione condivisa» dalle banche partecipanti al capitale. L'articolo 39 prevede tra l'altro che ai partecipanti al capitale della Banca «sono distribuiti dividendi per un importo fino al 6% del capitale». L'articolo 40 stabilisce invece che dai frutti percepiti sugli investimenti delle riserve possa essere prelevata e distribuita ai partecipanti, «in aggiunta a quanto previsto dall'articolo 39, una somma non superiore al 4% dell'importo delle riserve medesime, quali risultano dal bilancio dell'esercizio precedente».
Proprio in apertura dell'assemblea, il Governatore aveva spiegato che «riguardo al capitale della Banca e ai soggetti che possono essere titolari delle quote si è ritenuto opportuno — nelle more della ridefinizione dell'assetto proprietario della Banca prevista dalla legge 262/2005 — riscrivere la norma statutaria, con esclusivo riferimento alla legge quale fonte di disciplina della titolarità di quote del capitale della Banca». E poi aveva rimarcato: «Mi preme qui ricordare che in più occasioni ho sottolineato la necessità di riconsiderare le scelte effettuate dal legislatore circa la configurazione dell'assetto proprietario della Banca per la piena tutela dell'autonomia e dell'indipendenza dell'Istituto».
Di sicuro, tra le questioni lasciate aperte dalla legge di riforma sul risparmio, la trasformazione della struttura patrimoniale della Banca centrale è la più spinosa: la stessa legge 262 concede ben tre anni di tempo per mettere a punto una nuova normativa per la ridefinizione degli assetti. E al Tesoro fanno sapere che su questo tema, che richiederà una corposa riflessione, necessaria per arrivare a una nuova legge,non è stato avviato ancora nulla.
D'altra parte la stessa Bce ha più volte avvertito che la questione dell'assetto proprietario della Banca centrale italiana va risolta con particolare attenzione alla necessità di continuare a garantire l'autonomia e l'indipendenza, anche quella finanziaria, di Via Nazionale, evitando qualunque scelta che possa depotenziare queste caratteristiche.
Ma ieri anche gli attuali azionisti privati hanno fatto sentire la propria voce nella discussione, chiedendo in assemblea che i loro asset vengano sufficientemente valorizzati, in modo che a nessuno possa venire in mente di rilevarli per quattro soldi. Di fare, insomma, come pensava di fare l'ex ministro Giulio Tremonti che durante la discussione in Parlamento della Finanziaria 2006 cifrò il valore della Banca d'Italia in 800 milioni di euro, sostenendo che la sua stima partiva dal valore dei dividendi. Mentre è noto che in passato l'Abi,facendo perno sul valore del patrimonio netto di Bankitalia, ha indicato il suo valore come oscillante fra i 10 e i 23miliardi di euro, a seconda che al valore di libro si aggiungano o meno le riserve di rivalutazione.



 

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