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19 dicembre 2006 |
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Thailandia, marcia indietro sui capitali esteri dopo il crollo della Borsa |
La Thailandia ha rimosso i vincoli valutari che stamattina aveva causato il crollo della borsa di Bangkok. La stretta annunciata dal governo ha avuto vita breve, meno di 24 ore. Le misure erano state introdotte per fermare la rivalutazione del baht, che penalizza fortemente le esportazioni. «Dopo una consultazione con i broker, gli investitori e le altre parti interessate, la Banca di Thailandia e il ministero delle Finanze hanno rimosso il lock up sul 30% degli investimenti esteri», ha annunciato in serata il ministro Pridiyathom Devakula.
La borsa thailandese è crollata del 15%, ai minimi da 16 anni, dopo che la banca centrale ha disposto forti vincoli agli investimenti esteri. L'indice in mattinata era sceso fino al 19%, poi era stato sospeso e aveva chiuso in calo del 14,8%, la caduta più rovinosa dall'agosto 1990 quando Saddam Hussein invase il Kuwait e ha ricordato a molti la crisi finanziaria del 1997-98, che aveva investito tutta l'Asia, proprio a partire dalla svalutazione del bath thailandese.
La misura economica aveva già innescato il via alla fuga dei capitali esteri, provocando il crollo del listino. La banca centrale puntava a frenare la conversione automatica nella moneta thailandese che spinge in alto il cambio, attraverso il blocco per un anno degli interessi sul 30% del capitale depositato in valuta locale e una penalizzazione pari al 10% circa nel caso di disinvestimento in un tempo inferiore ai 12 mesi. Una decisione presa in chiave anti-speculativa, quindi, e a difesa dell'export dopo la salita del baht pari al 14% nel corso dell'anno, accentuata dopo il colpo di stato del 19 settembre.
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