19 dicembre 2006 |
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Alleanze per il gas: il disegno del Cremlinodi Giuseppe Oddo |
Gazprom avanza come un rullo compressore sul libero mercato europeo del gas naturale, sotto le insegne del Cremlino. Non sono passati che cinque giorni dalla firma dell'accordo con l'Eni che ha aperto al colosso di Mosca le porte del mercato nazionale in cambio della proroga fino al 2035 dei contratti di importazione di gas tra Italia e Russia. Quand'ecco un nuovo blitz in Francia. Il gigante guidato da Alexej Miller, uomo di fiducia del presidente russo Vladimir Putin, dopo aver costituito una filiale nel Paese d'oltralpe (Gazprom Marketing Trading France), ha cominciato a distribuire gas a una decina di clienti, di cui uno sottratto a Gaz de France, il gigante pubblico che trasporta e distribuisce metano in Francia.
A differenza dell'Italia, dove Gazprom venderà a partire dall'anno prossimo 3 miliardi di metri cubi di gas che le saranno ceduti dall'Eni, in Francia l'impresa russa distribuisce quantitativi aggiuntivi di entità ancora modesta. E anche Gaz de France è in procinto di rinnovare, forse fino al 2030, i suoi contratti di import dalla Russia.
Il rinnovo dei contratti di lungo termine con le grandi compagnie e le vendite sui singoli mercati europei sono i punti salienti della strategia enunciata da Miller il 6 giugno 2006, durante il XXIII congresso mondiale del gas ad Amsterdam, ripetuta dal suo vice, Alexander Medvedev, il 20 giugno in una conferenza stampa, e ribadita da Miller il 30 dello stesso mese, a Mosca, in occasione dell'assemblea degli azionisti di Gazprom.
«E non è che l'inizio», dichiara Mario Reali, che ha vissuto nella capitale russa per decenni, dirigendo l'ufficio dell'Eni. «I russi - sostiene - agiscono uniti e decisi. I loro piani sono chiari. L'Europa, invece, è spaccata. E al suo interno prevalgono i singoli interessi nazionali. Credo che tra pochi anni Gazprom sarà dominante sia a monte, come fornitore, sia a valle, come distributore di gas alla Ue».
Peraltro, le mosse in Italia e in Francia seguono il tentativo di acquisizione della Centrica (la compagnia inglese di trasporto e distribuzione di gas), l'espansione sul mercato tedesco avvenuta nella primavera di quest'anno e gli accordi sottoscritti in Austria con l'Omv.
In Gran Bretagna, oltre che Centrica, Gazprom avrebbe voluto aggiudicarsi Scottish Power (energia elettrica). E, anche se ha fallito su entrambi i fronti, prima o poi tornerà alla carica con qualche altra importante operazione. L'obiettivo è la conquista del 10-15% del mercato oltremanica. La società ha rilevato il 10% di Interconnector, il gasdotto tra Olanda e Gran Bretagna, di cui sono azionisti anche Bg con il 25%, E.on con il 23,59%, Distrigas con il 16,41%, ConocoPhillips e Total ciascuna con il 10% ed Eni con il 5 per cento. Ed è in trattative per acquisire una quota di Bbl, un'altra linea di collegamento tra gli stessi due Paesi. Questo significa che punta ad assicurarsi una robusta disponibilità di gas sul mercato inglese (7 miliardi di metri cubi) dove per il momento opera con una piccola attività di distribuzione, la Pennine Natural Gas.
In Germania, invece, i russi hanno concluso un'alleanza a vasto raggio con le più grandi imprese tedesche, al termine di un'intesa politica tra il Cremlino e la Cancelleria. Prima è stato concluso l'accordo per il gasdotto sotto il Baltico, che trasporterà dalla costa russa a quella tedesca 27,5 miliardi di metri cubi di gas l'anno a partire dal 2010. Della società che sta realizzando l'opera, di cui è stato nominato presidente l'ex cancelliere Gerhard Schröder, Gazprom possiede il 51%, Basf ed E.on detengono il 20% a testa e l'olandese Gasunie il 9 per cento. E successivamente è stata sottoscritta un'intesa che ha portato la Basf, attraverso la controllata Wintershall, a detenere il 35% meno un'azione del giacimento russo di Yuznoe-Russkoie, e la Gazprom ad accrescere al 50% meno un'azione la partecipazione in Wingas, la società a maggioranza Basf che distribuisce e vende metano in Germania.
La presenza diretta di Gazprom è cresciuta anche in Austria, dove la EconGas, del gruppo Omv, ha prolungato fino al 2027 i suoi contratti di importazione, per un totale di 7 miliardi di metri cubi. Nel contempo Gazprom s'è impegnata a trasferire in Austria quantitativi aggiuntivi di gas che vengono venduti dalla Gwh, una joint venture al 50% di Gazexport (Gazprom), al 25,1% di Omv e al 24,9% di Centrex Europe Energy Gas Ag. Quest'ultima fa capo a un gruppo di società (tra cui la Central Energy Italia, della quale è azionista Bruno Mentasti Granelli) che Gazprom controlla attraverso una "catena" di finanziarie sparse tra Cipro e il Lussemburgo.
«La verità - dice l'economista Alberto Clô, massima autorità nazionale nel settore dell'energia, nonché consigliere indipendente dell'Eni - è che con Gazprom dobbiamo fare i conti. Senza dimenticare che abbiamo bisogno della Russia tanto quanto la Russia ha bisogno di noi e della nostra tecnologia per realizzare i suoi progetti di sviluppo nel gas. In questo senso, i grandi operatori nazionali sono l'unico strumento per rafforzare, attraverso delle partnership, il potere negoziale dell'Europa nei confronti dei Paesi produttori». Insomma, lo si voglia o no, quella di Gazprom, nella doppia veste di fornitore e distributore, è una presenza ormai ineludibile, con cui bisogna confrontarsi con realpolitik.
L'Europa va a gas, soprattutto per l'impiego crescente di metano nella produzione di elettricità. Le sue importazioni sono previste in forte aumento nei prossimi quindici anni. I consumi europei, che nel 2006 sono stati di 550 miliardi di metri cubi, nel 2010 sono stimati in 610 miliardi di metri cubi, in 700 miliardi nel 2015 e in 780 nel 2020. Per contro, la produzione europea, che nel 2006 è stata di 210 miliardi di metri cubi, è prevista in declino. E dovrebbe scendere a 110 miliardi di metri cubi nel 2020. Morale: l'Europa, che nel 2006 ha importato 340 miliardi di metri cubi di metano, sarà costretta a comperare gas in misura crescente all'esterno dei suoi confini, con una previsione di 405 miliardi di metri cubi di importazioni nel 2010 e di 650 nel 2020.
Questo ha creato la sindrome dell'insicurezza e ha provocato un'esplosione della domanda di gas in un mondo in cui l'offerta è sempre più insufficiente. Solo ora la Russia ricomincia a investire nello sviluppo di nuovi giacimenti, grazie agli introiti provenienti dalla vendita di gas, condensati e petrolio. Ma, sui tempi e sui mezzi per svilupparli, l'incertezza regna sovrana. I nuovi campi sono in zone remote, inesplorate, impervie. E possono richiedere investimenti di decine di miliardi di dollari. Da questo punto di vista è vero ciò che afferma Clô: abbiamo bisogno di Gazprom così come Gazprom ha bisogno di noi (dalla Russia, da cui importiamo 150 miliardi di metri cubi, si stima debbano arrivare 250 miliardi di metri cubi nel 2020). Purché lo scambio sia alla pari: venga pure a distribuire al dettaglio il suo gas sui nostri mercati, ma faccia partecipare le compagnie europee come l'Eni allo sviluppo dei suoi giacimenti. E faccia sì che il gas estratto affluisca in Occidente e garantisca i cittadini europei.
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