Se la dovrebbe cavare con 300 mila euro di multa e una mite condanna a due anni sospesa l'ex top manager di Volkswagen Peter Hartz, 65 anni, architetto della più grande riforma del lavoro del dopoguerra, ma anche del più incredibile scandalo che abbia coinvolto la prima casa costruttrice di automobili in Europa: circa 2 milioni e mezzo in bustarelle e prostitute, viaggi in Brasile compresi. L'ex capo del personale di Wolfsburg ha affrontato mercoledì a Braunschweig la prima udienza del processo per i fatti emersi nel 2005 e fonte di non pochi problemi per l'immagine del gruppo. Attraverso le parole del suo avvocato Egon Müller, l'ex manager, ha ammesso le responsabilità sulle attività illegali (67 gli episodi contestati dall'accusa) svolte tra il 1995 e il 2004, che consistevano nel rendere meno monotone le giornate al consiglio di fabbrica, la rappresentanza sindacale interna, soprattutto per l'ex capo del sindacato in Volkswagen, Klaus Volkert. La "nota spese" finale è stata di 1,9 milioni di euro. Altri 400 mila euro hanno contribuito a migliorare la qualità della vita dell'amante di Volkert. Müller ha sostenuto che il suo clinete corrompeva per promuovere buoni rapporti tra management e lavoratori. Grazie all'ammissione Hartz potrebbe evitare una condanna a 10 anni di carcere. Al suo arrivo in aula l'ex manager è stato accolto (dopo essere sceso dall'ammiraglia Vw, una Phaeton di rappresentanza) con insulti da una piccola folla che lo ha chiamato «traditore dei lavoratori» e «mascalzone». Alcuni dei presenti hanno anche protestato contro la riforma del mercato del lavoro, a cui Hartz ha collaborato (e che ha preso il suo nome) quando era consulente per il lavoro dell'ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder. La seconda e ultima udienza è stata fissata il 25 gennaio.