Obbligati a combattere. E a svenarsi. In nome di una competizione alla quale l'Enel partecipa in ritardo. Con tutto il peso delle indecisioni, e degli errori, della politica italiana. Sfida durissima. «In un mercato degli operatori elettrici che assomiglia sempre di più a un'asta internazionale al rialzo, trainata da un'enorme liquidità a fronte di poche vere occasioni» avverte Alberto Clò, analista tra i più quotati, ex ministro dell'Industria quando la liberalizzazione dei mercati energetici stava partendo, e ora manovratore dello scenario da consigliere di amministrazione dell'Eni e di Asm Brescia. Come andrà a finire nessuno lo sa. L'occasione è comunque buona. «Endesa è un'ottima impresa con un eccellente management». Ma rischio e costi sono elevati. Perché il ritardo, nel risiko europeo dell'energia, pesa. «Nel processo di aggregazione i grandi erano partiti tra il '96 e il '97, quando la direttiva Ue sulla liberalizzazione era appena varata. Allora — osserva Clò — l'Europa era una sommatoria di piccoli mercati nazionali con una limitata presenza all'estero. La direttiva Ue sarebbe diventata operativa dal '99. Ma c'è chi si mosse subito. I francesi di Edf guardarono alla Germania, dove nel frattempo la miriade di imprese si aggregava e nasceva Eon, e guardava agli svizzeri di Atel, a est, all'Inghilterra. E tutto ciò non contraddiceva la liberalizzazione.C'era semplicemente la consapevolezza che bisognava posizionarsi in vista di un mercato unico continentale. Il guaio è che l'aggregazione tra imprese avveniva in maniera asimmetrica rispetto a un Europa elettrica che ancora non nasceva. Una grande contraddizione,che sopravvive ancora oggi».
Cosa mancava? Cosa manca? «Lo sviluppo delle interconnessioni. La condizione che avrebbe consentito che il mercato unico elettrico fosse un mercato fisico, reale, indispensabile allo scenario della concorrenza. Niente da fare. Oggi in Europa l'interconnessione fisica non va oltre il 6%. E il mercato è dominato da operazioni di arbitraggio finanziario ». Mentre si scatena, proprio ora, il furibondo gioco dell'Opa. Cos'è? La resa dei conti?«Sì.Con la sopravvivenza di pochi grandi e la scomparsa dei piccoli, con la preoccupante combinazione di due fattori: una grandissima liquidità del sistema prodotta anche dal fatto che i prezzi finali non sono scesi come ci si aspettava dalla prima fase della liberalizzazione, mentre nel frattempo gli investimenti si sono bloccati».
Male? «Malissimo. Oggi l'Europa soffre una drammatica carenza di investimenti. Servono almeno mille miliardi di euro. Il che significa che bisognerebbe costruire una centrale da 400 megawatt alla settimana. E mi domando a cosa servono le liberalizzazioni se poi non si investe. Anzi, se lo scenario finisce per spingere in direzione addirittura opposta, prigioniero com'è dei vincoli della redditività a breve e del rispetto di una rigorosa disciplina finanziaria. Ecco che solo uno scenario di vera interconnessione e di forte programmazione comune può mutare gli obblighi e le convenienze».
Nel frattempo in questo gioco di aggregazioni da ultima spiaggia c'è chi se la cava meglio e chi peggio. L'Enel?
«È inritardo.Può e deve farcela. Ma è dura. Ricordiamo che solo pochi anni fa le era impedito di investire all'estero. Poi è stata costretta allo smembramento, unica in Europa, mentre sperimentò la folle scelta della multiutility, voluta da Franco Tatò ma autorizzata da tutti i ministeri.La conseguenza? Il dimagrimento senza internazionalizzazione, mentre all'estero la sfida delle espansioni era partita».
Poi ci hanno ripensato. «Per fortuna. Si è tornati al core business. Si è tracciato il modello dell'espansione. Ma nel frattempo sono stati persi sei o sette anni. Ed ecco che arriviamo ad oggi, a scenario evoluto, caratterizzato da una grandissima liquidità con pochissime opzioni strategiche ». Endesa non è niente male. «Una buona opzione,fortunatamente. Ma la battaglia si presenta ancora lunga e incerta. Con il rischio che lo scontro porti a pagare prezzi altissimi. Osservo solamente che in 18 mesi Endesa ha visto più che raddoppiare la sua valutazione. Si è partiti dai 22 miliardi di euro dell'opa di Gas Natural del settembre 2005 ai 45 miliardi che si stanno delineando in questi giorni. Non voglio certo fare i conti in tasca all'Enel, che poi a ben vedere sarebbe come fareiconti intasca a noi, visto che l'Enel si alimenta con le tariffe. Sta di fatto che qui l'asticella si sta alzando davvero tanto».