Intesa SanPaolo, con una lettera del 24 aprile, ha comunicato ai sindacati il primo elenco di 186 sportelli che saranno ceduti in base alle richieste dell'Antitrust. L'Autrità garante della concorrenza a dicembre aveva sancito l'obbligo di cedere 197 sportelli in 18 province dove la quota di mercato della banca nata dall'aggregazione dei due istituti superava i limiti consentiti. Mancano, nella lista comunicata ai sindacati, gli sportelli da cedere che saranno individuati quelli delle province di Aosta, Biella, Terni e Vercelli.
Tra le province colpite la prima è quella di Venezia, dove dovranno passare di mano ben 36 filiali, seguita a ruota da Torino con 33. Il Veneto (con 62 sportelli) e il Piemonte e la Lombardia (37 dipendenza ciascuna) le regioni più interessate, in attesa che venga definita la situazione di Biella e Vercelli, che porterà il Piemonte in seconda posizione tra le aree regionali maggiormente interessate alle cessioni..
Quanto alle reti di provenienza, il dettaglio vede più colpiti gli sportelli che prima della fusione appartenevano a Intesa (ne cederà ben 87), poi l'ex rete SanPaolo, con 37, e le dipendenze dell'ex SanPaolo Banco di Napoli con 24, mentre la rete di provenienza della Cassa di Risparmio di Venezia "dimagrirà" di 19 dipendenze, quella ex Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo di 14, l'ex Friulcassa di quattro e l'ex Banca popolare dell'Adriatico di una.
La decisione dell'Autorità è pesante, anche perché segue le cessioni di sportelli (ben 645) che Intesa, in base all'accordo dell'11 ottobre 2006, ha «girato» a Crédit Agricole : si tratta delle reti di sportelli che facevano capo alla Cassa di risparmio di Parma e Piacenza (304 sportelli) e a Friuladria (148), oltre a un ulteriore pacchetto di filali identificate nella rete della banca milanese. Cessioni che scatteranno entro il 12 ottobre e consentiranno a Crédit Agricole di diventare la tredicesima banca italiana per dimensioni della rete. Come nota l'Antitrust, dei 645 sportelli ceduti ai francesi, 551 sono situati nelle 18 province per le quali «la fusione ha un impatto restrittivo della concorrenza».
Adesso, ovviamente, restano da definire gli acquirenti che sio aggiudicheranno questa fetta cosistente del mercato bancario nazionale. Una fetta che non comprende solo gli sportelli, ma anche i loro dipendenti e, ovviamente, la clientela che vi da capo – salvo esodi al momento non preventivabili
Intanto scoppiano le tensioni sindacali sulle dipendenti over 60
«Avendo Ella maturato i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla legge per avere diritto alla pensione di vecchiaia e non avendo esercitato il diritto di opzione per il proseguimento dell'attività lavorativa oltre il 60° anno di età... la Società ha deciso di risolvere il Suo rapporto di lavoro dalla fine della giornata di ricezione della presente... Nel ringraziarla per la collaborazione e l'impegno... Le porgiamo cordiali saluti». Con questa la lettera, firmata Francesco Micheli, Intesa SanPaolo nei giorni scorsi ha accomiatato un numero imprecisato di dipendenti, tutte donne che non avevano optato espressamente per restare al lavoro oltre i 60 anni d'età. Le bancarie, per l'azienda, sono 19, di cui sette hanno già trovato soluzioni concordate, mentre per i sindacati sarebbero molte di più: qualcuno le calcola tra 130 e 150.
I sindacati sono scesi in campo per le lavoratrici, molte delle quali hanno già compiuto da tempo il 60esimo anno d'età e poche con i 35 anni di contribuzione, tutte della rete ex SanPaolo perché nella banca torinese la consuetudine ante-fusione non prevedeva alcuna comunicazione formale all'azienda al compimento dei 60 anni. Molte bancarie hanno già raggiunto una conciliazione davanti al pretore del lavoro, accettano una buonuscita e l'addio. Ma i sindacati non accettano l'ukase di Intesa SanPaolo: il 13 aprile le segreterie di coordinamento aziendale di nove sigle (DirCredito, Fabi, Falcri, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Silcea, Sinfub, Ugl e Uilca) hanno diffidato la banca dal proseguire nell'iniziativa, richiamando la legge e le sentenze 13045 del 2006 e 6535 del 2003 della Cassazione, oltre alla sentenza 498 del 1988 della della Corte Costituzionale, e riaffermano il diritto delle lavoratrici a proseguire il rapporto di lavoro sino ai 65 anni senza alcuna comunicazione alla società.
Intesa SanPaolo risponde al sindacato sia sul piano giuridico, sia sul piano relazionale. Dal punto di vista giuridico, la banca informa che la sezione Lavoro della Corte di Cassazione si è più volte espressa in senso contrario e che il recente decreto legge 11 aprile 2006 sulle pari opportunità ribadisce la necessità, per le donne che hanno compiuto il 60° anno di età, dell'esercizio dell'opzione. Dal punto di vista relazionale, l'azienda spiega che, fermi restando gli impegni assunti in sede di Piano industriale, sarà sua cura, come già in casi analoghi, definire posizione per posizione cercando soluzioni condivise che tengano conto delle specifiche situazioni. Ma la battaglia sindacale non sembra destinata a fermarsi.