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JP Morgan e quel filo transatlantico

di Giuseppe Oddo

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3 aprile 2007

Telecom è stata a più riprese oggetto del desiderio delle grandi compagnie di telecomunicazione e delle grandi banche d'affari statunitensi. Già nell'89 AT&T aveva stipulato un accordo azionario e industriale con Italtel, che produceva apparati di commutazione ed era posseduta dal gruppo pubblico IriStet, lo stesso che controllava la Sip Telecom. E questo accordo era parallelo a quello che AT&T aveva siglato anni prima con la Olivetti di Carlo De Benedetti: un'intesa orientata alla convergenza tra informatica e telecomunicazioni. Entrambi gli accordi naufragarono, per motivi diversi, negli anni '90. Ma tra i motivi della rottura non va trascurato il fatto che AT& T aspirava, in tutte e due i casi, a un maggior potere decisionale.
È comunque intorno al '96, quando si è già in clima di privatizzazioni, che le lobby industriali Usa accrescono il loro interesse per Telecom. L'amministratore delegato Ernesto Pascale ne avverte la pressione. E affida un incarico di consulenza profumatamente retribuito a Enzo De Chiara, l'italoamericano consigliere per gli affari internazionali del partito repubblicano Usa.
Pascale,avversario della privatizzazione, si dimette nel gennaio '97. Il governo Prodi, in carica dalla primavera dell'anno prima, è infatti deciso a dare un'accelerata alle dismissioni dei servizi pubblici. Il collocamento in Borsa di Telecom, a questo punto, può procedere in modo spedito.
C'è però una questione che sta a cuore al Tesoro: per rendere la società più appetibile agli investitori, bisogna trovarle un partner internazionale.È da qui che prende le mosse l'alleanza strategica con AT&T e Unisource. In un memorandum di intenti vengono stilati i punti che compongono l'accordo globale, a cui dovranno seguire le partnership azionarie: AT&T e Unisource entreranno in Telecom con l'1,2%a testa e Telecom acquisirà il 3% di AT&T e il 30% di Unisource. Ma i tempi dell'accordo si preannunciano più lunghi di quelli dell'Opv.Così il Tesoro invita i due futuri soci esteri a sedere subito nel consiglio di Telecom parcheggiando presso di sé le azioni da destinare loro dopo la firma dell'accordo.
Le nozze non saranno, però, mai celebrate. Il "nocciolo duro" guidato dall'Ifil, a cui il Tesoro ha intanto ceduto la guida di Telecom, vede l'intesa con AT&T come il fumo negli occhi. L'accordo trasformerebbe l'AT&T nel primo socio della compagnia italiana, con una quota pari al doppio di quella dell'Ifil.Ma l'interesse sembra scemato per la stessa compagnia americana, che nel frattempo ha subito due scossoni manageriali. A tagliare i ponti con At&t ci pensa Gianmario Rossignolo, designato da Umberto Agnelli alla presidenza di Telecom.
Si arriva così alla scalata ostile di Olivetti del febbraio '99.L'operazione, capitanata da Roberto Colaninno, non potrebbe andare in porto senza il sostegno determinante di un altro grande centro di potere d'oltreoceano. Questa volta è una banca, la Chase Manahattan, che qualche anno dopo prenderà il nome di JP Morgan Chase. È la Chase a finanziare nel ' 95,con 207 milioni di euro, la riorganizzazione della Hopa, la società guidata da Emilio Gnutti, che avrà un ruolo chiave nella scalata. È la Chase a suggerire la costituzione della lussemburghese Bell, a finanziarla per 775 milioni di euro tra l'estate e l'autunno '98 e a guidarne l'ingresso in Olivetti. Sono i vertici della Chase a convincere Colanninno a lanciare l'Opa sul 100% di Telecom e ad assicurargli la copertura finanziaria in caso di adesione dell'intero capitale. Sarà la Chase a finanziare per 350 milioni di euro la Hopa,nel giugno 2001,impedendone il tracollo. E sarà ancora volta la Chase, nel 2000, ad assistere la statunitense Corning nell'acquisizione della Optical Technologies dalla Pirelli. Per rilevarla, la Corning varerà un aumento di capitale e lancerà un prestito obbligazionario con l'assistenza di Chase e Goldman Sachs. Senza i 3,6 miliardi di dollari versati da Corning a Pirelli,parte dei quali incassati da Marco Tronchetti Provera sotto forma di stock option,il gruppo della Bicocca non avrebbe mai avuto la base finanziaria minima per rilevare il controllo di Telecom nell'estate 2001.
Ora Tronchetti è in difficoltà, Pirelli ha messo in vendita la quota in Olimpia, che ha il 18% di Telecom. Ed ecco rientrare in gioco una vecchia conoscenza d'oltreoceano, AT&T, in compagnia del magnate messicano Carlos Slim Helù. Questa volta,però,la compagnia americana fa sul serio, sembra decisa a non mollare la preda. Costi quel che costi.

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