SEOUL. Dal nostro inviato
Scontro Italia-Usa su Telecom. Il ritiro di AT&T dalla partita per il controllo dell’ex monopolista scatena la reazione di Washington, che addebita alle pressioni governative la decisione della società di abbandonare la partita. Tutto questo mentre Romano Prodi, in missione in Giappone, era stato netto: sin dall’inizio era chiaro che i texani erano scesi in campo per aiutare i messicani («non mi sono sorpreso di quanto accaduto»), che a questo punto possono giocare più o meno tranquillamente la loro partita.
È notte a Seoul, dove Prodi è arrivato in serata, quando da Roma l’ambasciatore Usa, Ronald Spogli, irrompe sulla scena: «L’aspetto più interessante emerso» dal ritiro dell’americana AT&T dall’affare Telecom, dice, «riguarda la diversa presenza del Governo negli affari dell’economia» in un ipotetico confronto tra Italia e Stati Uniti. Parole che pesano come macigni, e che Palazzo Chigi, momentaneamente alloggiato all’Hotel Lotte di Seoul, non raccoglie. Tutti dormono (sono le due passate del mattino) e una reazione probabilmente ci sarà oggi, ragionata e pensata a freddo. Con gli Usa non ci si possono permettere parole a caldo, viste le molte partite giocate sempre sul filo del rasoio (le ultime sull’Afghanistan) e specie ora che sta per essere organizzato un incontro Prodi-Bush all’inizio di giugno. In mattinata, parlando all’Università di Tokyo, Prodi era stato chiaro: «Nessuno vuole influire sulle scelte, il mercato ha le sue regole. Ma mi sembra doveroso dire che almeno una delle grandi protagoniste delle telecomunicazioni resti italiana. Poi vinca il migliore». Da Roma nessun commento ufficiale da parte del ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, anche se tra il suo staff si osserva che le valutazioni di Spogli sono distanti da un comportamento che, sul futuro della rete, ha tenuto conto con attenzione del mercato.
Prodi glissa sulle ragioni del ritiro degli americani e in particolare alla domanda se questa decisione sia stato un effetto del progetto governativo di scorporo funzionale della rete, che, conferma, resta in pista con un emendamento del ministro Gentiloni. Un’idea che a Spogli non è piaciuta affatto: all’interno della società Usa, ha detto, il Governo stabilisce le regole «che in certi settori sono molto importanti e possono anche essere dure» ma poi lasciano che ciascun settore «si sviluppi nella maniera giusta». Al contrario, secondo l’ambasciatore Usa, l’Italia ha evidenziato come ci sia «una lunga tradizione che vuole una presenza molto più forte del governo nelle questioni economiche». Insomma, a Villa Taverna si ritiene che a Palazzo Chigi e dintorni sembra non sia chiaro che «le regole sono uguali per tutti».
La visione di Prodi, espressa al contrario quando in Italia ieri tutti si dovevano ancora svegliare, era di uno scenario ancora aperto: «La partita è ancora lunga, avremo, credo, una pluralità di protagonisti nel futuro, quindi non giudico se la mossa degli americani sia positiva o negativa, ma è un atto di una lunga tragedia, o commedia, o film». Parole pesanti, che hanno rilanciato il valore intrinseco dell’italianità, compresa la partita su Tim Brasil, cui risulta evidente l’interesse dei messicani: «Restano riflessioni scontate» dice il premier. L’obiettivo di fondo, che evidentemente ha ulteriormente innescato la reazione americana, è l’auspicio che si vada verso una soluzione europea. «È chiaro che si sta formando una concentrazione a livello europeo. Potremo fare l’ipotesi che arrivino protagonisti extra-europei, e non è necessariamente un vantaggio. In linea di massima — aggiunge Prodi — credo andremo verso raggruppamenti di imprese europee, quindi è probabile che questo sia e diventi anche un elemento positivo, avere cioè più influenza nella futura capacità decisionale». Insomma, dentro la cabina bisogna starci, e con imprese d’oltreoceano (AT&T è noto che vuole comandare da sola) gli spazi si esauriscono. In serata Prodi, informato della nomina di Pasquale Pistorio, ha commentato positivamente: «È una persona straordinariamente intelligente ed equilibrata, ma la decisione spetta agli azionisti».
La questione in ogni caso prende forme sempre più complesse, specie se si ipotizza la discesa in campo di Mediaset, che comunque troverebbe i paletti della legge Gasparri: proprio per questo in ambienti governativi ci si chiede come mai dal gruppo che fa capo a Silvio Berlusconi non arrivino smentite nette alle molte indiscrezioni che da giorni riempiono la scena mediatica. Ma tant’è. L’occhio è attento alle mosse dei giganti europei, a partire da Telefonica (che andrebbe a rinsaldare l’asse Italia-Spagna creato attorno a Enel-Endesa) fino a Deutsche Telekom, che pur pubblica avrebbe caratteristiche di forte complementarità sulla telefonia cellulare, tanto da impensierire la stessa Vodafone. Ma sono scenari da economisti, la realtà è ora ben più dura, e attiene anche ai rapporti con gli americani. In ogni caso torna la sindrome Telecom quando Prodi arriva in Estremo Oriente. Vivo, infatti, è il ricordo dello scorso settembre, quando l’intera missione in Cina fu contrassegnata dal caso Rovati e il progetto di scorporo della rete, tema che resta al centro di tutto il problema. E tutto è reso più complesso, allora come ora, dal fuso orario.