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I pro e i contro dell'affare Telecom: la questione è il controllo della rete

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2 aprile 2007

Entra in fibrillazione anche il mondo politico dopo la notizia della valutazione positiva da parte dei vertici di Telecom sulle offerte che provengono da Stati Uniti e Messico. Il tema sul quale si dibatte la classe politica italiana è, ancora una volta, quello del controllo italiano o straniero degli asset strategici per il Paese.
Cerca di gettare acqua sul fuoco Piero Fassino, sicuro che il Governo abbia tutti i mezzi per seguire al meglio la vicenda. «Non siamo insensibili all'esito della vicenda», ha affermato il segretario Ds. Secondo Fassino «è un passaggio molto delicato quello che Telecom sta vivendo, che va guardato con preoccupazione». «Naturalmente - ha proseguito - non è in discussione il diritto di chi possiede delle azioni di metterle sul mercato, così come il nostro Paese è aperto agli investimenti stranieri». Secondo Fassino «il settore delle telecomunicazioni è strategico per la vita delle nazioni, e anche nei Paesi più liberisti c'è grande attenzione agli aspetti produttivi e proprietari del settore». Il punto di divergenza con altre nazioni, per il segretario Ds, è quello della separazione della rete: «In Italia mi pare che non sia risolta la distinzione fra operatori di telecomunicazioni e chi possiede la rete: in tutti i Paesi del mondo la rete è pubblica mentre sono privati gli operatori, ed il fatto che in Italia rischi di non essere così può creare non pochi problemi».
Dello stesso avviso di Fassino il ministro per l'attuazione del programma Giulio Santagata: «C'è preoccupazione, credo legittima, del Governo italiano sulla questione delle infrastrutture di rete, un patrimonio non più sostituibile e che deve rimanere non solo attivo ma aggiornato e disponibile all'universalità dei servizi», però sulla difesa della rete «in concreto il Governo non può fare alcunchè e credo che non farà alcunchè». «Se chi acquista Telecom si impegna su un livello di sviluppo adeguato non ho alcuna preoccupazione, anzi spero che chi l'acquisterà investa sulla rete, che è l'anello debole della catena, se la rete viene mano a mano abbandonata qualche problema c'è».

I commenti da parte degli esponenti della coalizione di centrosinistra rivelano preoccupazione per l'evolversi della vicenda Telecom e auspicano un attento monitoraggio del Governo.

Fausto Bertinotti (presidente della Camera) - «È una vicenda che solleva interrogativi importanti anche sul terreno istituzionale e il Parlamento e il Governo, almeno sulle grandi scelte che riguardano il Paese, dovrebbero essere interessati ed essere messi nella condizione di poter esprimere una linea di indirizzo. Quando invece ciò non avviene, si è di fronte ad una lesione della sovranità nazionale. Alla luce di questo passaggio, che mette in evidenza una crisi di sovranità del Parlamento, credo che bisognerà pensare a forme in cui il Parlamento possa pronunciarsi sugli assetti industriali in termini di linea d'indirizzo».

Antonio Di Pietro (ministro delle Infrastrutture) - «Il Governo convochi un incontro per reagire istituzionalmente alla notizia dell'offerta da parte di AT&T e American Movil. Più che preoccupato, il Governo italiano deve essere pronto a contrastare questo tipo di manovre. Deve finire questo shopping che finanzieri internazionali d'assalto stanno facendo su un asset fondamentale per l'Italia. Chiedo al premier Romano Prodi di convocare un incontro al più presto per una reazione istituzionalmente adeguata».

Paolo Ferrero (ministro della Solidarietà Sociale) - «Il Governo faccia subito una verifica: è assolutamente necessario che si convochi il Governo per intervenire. Parliamo di una società che era pubblica, è diventata privata in mani italiane e di questo bisogna discutere».

Luigi Nicolais (ministro per l'Innovazione e la Funzione Pubblica) - «Una grande impresa nazionale di telecomunicazioni dovrebbe avere un controllo nazionale. Sono preoccupato, è una vicenda sulla quale dobbiamo meditare e credo che su una cessione di Telecom agli stranieri si debba procedere con i piedi di piombo».

Gennaro Migliore (Rifondazione Comunista) - «Non solo penso che si debba fare molta attenzione, ma penso che si debba impedire. Come ieri abbiamo detto ai facili profeti della privatizzazione che sarebbe stato un disastro così oggi diciamo fate qualcosa perchè il processo di privatizzazione di un asset strategico, addirittura con smembramento possibile, mette a rischio lavoratori e una funzione importante per l'infrastrutturazione del nostro Paese. Sono non solo sconcertanto; purtroppo me l'aspettavo. Affidare in mano al mercato settori importanti senza un investimento di carattere pubblico è molto rsichioso».Tronchetti Provera ha pensato come un rider a prendere il suo capital gain e a scappare. In questo caso si è trattato di una pratica fallimentare che ha messo in ginocchio una azienda adesso la vuole vendere e smembrare. Bisogna impedirlo. La privatizzazione di Telecom è stata un grave errore e non è la prima volta che accade come nel caso Autostrade. Spero che le sottovalutazioni di ieri possano diventare un impegno arecuperare di oggi».

Paolo Cento (Verdi) - «Sono convinto della necessità che il Governo svolga una funzione di costante e permanente monitoraggio di quanto sta accadendo e che sia salvaguardato, pur nell'approccio del libero mercato, un ruolo forte e nazionale nella gestione dell'azienda più importante delle telecomunicazioni».

Nicola Latorre (Ds) - «Nel pieno rispetto dell'autonomia nelle decisioni della proprietà, che ovviamente deve dare conto innanzitutto ai propri azionisti, credo che ci sia da essere piuttosto preoccupati. Da un lato non è chiaro quale sia la prospettiva industriale che emergerebbe da questa acquisizione e, nello stesso tempo, il rischio che il sistema paese debba rinunciare alla più grande azienda nel settore delle telecomunicazioni, consegnando a società estere il controllo di questa realtà, è ovviamente un problema molto serio che implica una serie di altri aspetti sui quali forse è opportuno riflettere. Il governo, in concreto, non può fare altro che esprimere delle opinioni e fare delle valutazioni. Come hanno fatto i ministri Gentiloni e Bersani. Ma, dopodichè, più di questo non credo si sia nelle condizioni di fare».

Favorevoli all'apertura al mercato i radicali con Capezzone, posizione condivisa da diversi esponenti del centrodestra.
Daniele Capezzone (Radicali) - «Sono anch'io preoccupato, ma non per le trattative avviate da Olimpia (evento assolutamente fisiologico e da rispettare), bensì per la deriva dirigista e interventista della politica e del Governo, sulla vicenda Telecom. C'è da rimanere sconcertati dinanzi al coro di ministri che da ieri sera si è levato, con una voce sola... Dico alla politica, al Governo, ai Ministri che sono intervenuti a tamburo battente: giù le mani dal mercato. Basta con i cori contro lo straniero, che in Italia non hanno mai procurato nulla di buono».

Maurizio Gasparri (Alleanza Nazionale) - «È patetico lo sconcerto di alcuni esponenti del governo di fronte alle vicende della Telecom. Potevano pensarci prima, quando si sono mossi goffamente con invadenza, creando tensioni e difficoltà per la principale azienda di telecomunicazioni italiana. Oggi che c'è un offerta straniera, c'è solo un modo per far sì che la proprietà di Telecom resti italiana: che qualcuno in Italia faccia un offerta migliore. Questa è la logica del mercato. Ovviamente, sono tra coloro che si augurano che Telecom possa rimanere italiana non soltanto di nome - aggiunge - ma non può essere il dirigismo o una sorta di esproprio pubblico che può garantire un futuro tricolore a questa azienda».

Benedetto Della Vedova (Forza Italia) - «Le preoccupazioni circa l'offerta di AT&T e Amèrica Mòvil per il controllo di Olimpia espresse da alcuni esponenti del Governo sono del tutto fuori luogo, perchè si tratta di due primari operatori mondiali delle Tlc che saprebbero assicurare a Telecom adeguate prospettive tecnologiche e industriali al servizio dell'economia italiana, in secondo luogo perchè l'offera americana arriva dopo che per settimane o mesi dopo l'annunciata volontà di Tronchetti di passare la mano, nessun soggetto italiano è stato in grado di avanzare un'ipotesi credibile di acquisto del controllo di Telecom. Nemmeno i tanto osannati giganti del credito, che pure sciorinano bilanci scintillanti e che gratificano con super-compensi i loro non pochi manager, sono stati in grado di produrre un progetto finanziario e industriale atto a salvaguardare l'italianità di Telecom senza comprometterne il futuro industriale. Infine una questione che dovrebbe preoccupare ed occupare la politica: la ormai certificata inadeguatezza del Testo Unico sulla Finanza (Legge Draghi) nella tutela degli investitori di minoranza. Sarebbe infatti la seconda volta che il controllo di Telecom passa di mano senza che gli acquirenti transitino dai mercati e quindi senza che i piccoli azionisti possano trarre beneficio alcuno dall'operazione».

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