La consegna è sempre quella del silenzio e della non interferenza. Eppure tra i singoli esponenti di Governo non mancano le voci che vorrebbero un pronunciamento più diretto sulle sorti di Telecom. Al Consiglio dei ministri diieri non se ne è parlatose nona margine e in modo informale,anche se c'è chi, come il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, ribadisce che sulla vicenda sarebbe ormai tempo di intervenire. Ieri il premier Romano Prodi e il segretario dei Ds Piero Fassino si sono incontrati per un'ora a Palazzo Chigi per discutere le sorti del Partito democratico, ma non è mancato anche uno scambio di idee sul caso Telecom. Di certo, negli ultimi giorni hanno ripreso quota i giudizi positivi sul vecchio e accantonato piano Rovati, da riproporre semmai in una versione rinnovata,ma ancora nella prospettiva di societarizzare la rete di accesso. Per ora ci sono commenti che "riabilitano" quell'ipotesi dello scorso settembre.
In questa fase bisognerebbe camminare lungo un binario diverso rispetto al lavoro dell'Authority tlc — per il quale occorreranno almeno 12 mesi— ma che risponderebbe all'esigenza evocata da alcuni politici della maggioranza di conservare l'italianità dell'infrastruttura.
Rispetto alla versione dello scorso settembre, la partecipazione rilevante (di controllo) da parte della Cassa Depositi e Prestiti non sarebbe più un elemento chiave. La newco potrebbe essere aperta a fondi e finanziarie ed eventualmente al fondo F2i, con un approdo finale in Borsa. Una sorta di superutility,con un rendimento minimo e flussi di cassa regolari da assicurare attraverso un wacc (costo medio ponderato del capitale) sufficientemente alto e un price cap che dia certezze sulle tariffe in cambio di un aumento di produttività. Alle dichiarazioni sull'italianità della rete fatte da Piero Fassino tre giorni fa, sono seguite quelle di altri esponenti dei Ds e della maggioranza. Ieri il presidente della commissione Bilancio del Senato Enrico Morando ( Ds) ha distinto i piani: «La rete è un bene pubblico e un monopolio naturale» mentre «sul terreno dei servizi deve essere garantita la competizione». Luciano Violante sottolinea che il mercato delle tlc e dei media si basa sempre di più sulla distinzione, anche regolamentare, tra chi gestisce le retie chi veicola i contenuti. «Il piano Rovati era giusto, ma né le banche né i capitalisti italiani hanno ascoltato l'allarme» chiosava invece qualche giorno fa Giulio Santagata, ministro per l'Attuazione del programma.
Da Confindustria intanto, con il direttore generale Maurizio Beretta, torna la richiesta di fare i conti con il mercato senza ingerenze. Mentre si continua a discutere di Mediaset: il leader dell'Udc Per Pier Ferdinando Casini, in un'intervista pubblicata oggi da «Il Foglio», parla di «un'occasione di rinnovamento» per il Biscione, e spunta anche un'ipotesi Rai.
Per il consigliere d'amministrazione Angelo Maria Petroni sarebbe un'opportunità; «la cosa non è stata oggetto di discussione in cda —dice il direttore generale Claudio Cappon —. Potrebbe rientrare nell'ambito delle cose desiderate». E il presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà, in un'intervista pubblicata oggi da "Panorama", dà un'indicazione sul valore strategico di Telecom: «Si può immaginare che il Parlamento, che è sovrano in Italia, voglia intervenire. Magari per difendere alcuni programmi avviati per la trasmissione ad alta velocità o per il potenziamento della dorsale telefonica, programmi che il Parlamento potrebbe ritenere strategici». Il 18 aprile, in Commissione Lavori pubblici del Senato, toccherà al ministro Gentiloni direla sua.