Sei grandi operazioni tra banche italiane e due importanti acquisizioni da parte di gruppi stranieri. Tutto in 17 mesi. Quelli trascorsi da quando Mario Draghi ha assunto la guida della Banca d'Italia.
Domenica, una decina di giorni prima delle Considerazioni finali, i consigli di amministrazione delle banche coinvolte daranno il via libera alla fusione tra UniCredit e Capitalia e a quella tra le Popolari di Milano e dell'Emilia Romagna. Nei mesi scorsi sono nate Intesa Sanpaolo (che sta per rilevare Carifirenze), Ubi Banca e Banco Popolare. Sono sbarcate in Italia Bpn, con Bnl, e Abn Amro, con AntonVeneta. Ma anche il Crédit Agricole,che ha rilevato gli sportelli "di troppo" in Intesa Sanpaolo. E non è escluso che il Santander possa fare altrettanto con UniCreditCapitalia.
L'appello di Draghi a rafforzare il sistema aumentando le dimensioni medie attraverso aggregazioni è stato raccolto dai banchieri con solerzia. La risposta è stata quasi un overshooting,
come direbbero i banchieri centrali: il risultato è andato persino al di là dell'obiettivo.
Per il sistema italiano la rivoluzione di questi mesi è molto probabilmente un bene. Soprattutto alla luce di quanto sta accadendo sui mercati internazionali, dove le banche sono sotto attacco e il settore sembra contagiato da una vera e propria mergermania. Senza le fusioni "nazionali" oggi il SanPaolo potrebbe essere in mano al Santander, Intesa al Crédit Agricole e Capitalia ad Abn Amro o a Barclays. Invece sono nate due grandi banche, italiane ma di dimensioni europee: Intesa San Paolo e UniCredit, che manterrà il nome dopo la fusione. Ed è curioso notare che esse si sono sviluppate partendo dalle strutture della Banca Commerciale e del Credito italiano che erano le due più grandi banche italiane già nel 1920.
Gli occhi di tutti sono puntati sull'asse Milano Roma e su quel formidabile concentrato di potere che scaturirà dall'integrazione tra UniCredit e Capitalia. Alessandro Profumo non ha spiegato, almeno per ora, in maniera convincente perché ha cambiato idea sulla banca romana e ora è disposto a pagarla più di 8 euro per azione.