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Gentiloni: «Per la rete investimenti condivisi»di Carmine Fotina |
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5 maggio 2007
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Per Paolo Gentiloni adesso bisogna ricominciare a parlare di strategie e progetti industriali. Come ha già fatto tutto il governo nel corso di quest'ultimo mese, il ministro delle Comunicazioni (56 anni) respinge ancora una volta le accuse di interventismo sul caso Telecom e traccia il suo disegno ideale per le telecomunicazioni dei prossimi anni. Per la rete di nuova generazione, la Telecom controllata dalle banche e dalla spagnola Telefonica dovrà mettere sul piatto un piano di interventi più consistente di quello programmato e — annuncia per la prima volta il ministro — in alcune aree del Paese potranno esserci anche investimenti condivisi tra più operatori. Perché puntare tanto sul potenziamento della rete? Il Governo ha tra i suoi grandi obiettivi la diffusione dei servizi a banda larga sia sulla rete fissa sia sul radiomobile. Gli investimenti attualmente previsti da Telecom per reti di prossima generazione sono un inizio ma necessitano di un'ulteriore spinta. Trecento milioni per il 20072008 non sono una cifra insignificante, ma gli investimenti necessari sono nell'ordine dei miliardi. Per raggiungere l'obiettivo tuttavia serve innanzitutto certezza delle regole, e qui si inserisce il negoziato impostato con grande qualità dall'Authority per le comunicazioni sulla separazione funzionale della rete d'accesso. Di problemi di concorrenza sulla rete e della necessità di renderla neutrale in realtà si parla da almeno cinque anni, perché non occuparsene prima senza aspettare che si aprissero i giochi sul controllo di Telecom? Perché non se ne sia occupato il precedente governo bisognerebbe chiederlo al precedente governo. Questo Governo si è impegnato sul tema quasi dal giorno dopo il suo insediamento attraverso diverse misure. Nel luglio 2006,nel primo decreto liberalizzazioni, abbiamo conferito ad Agcom poteri da "antitrust", ovvero la possibilità di concludere un'intesa vincolante con operatori cuisia stato contestato un comportamento anticoncorrenziale. A ottobre abbiamo poi incrementato le sanzioni del garante. E a marzo abbiamo cominciato a lavorare per concedere all'Authority, con un emendamento al Ddl liberalizzazioni, un potere in più nel caso in cui il negoziato già in corso con Telecom non dovesse svilupparsi in senso positivo. Ricordo comunque che l'emergenza sulle reti telefoniche si è manifestata negli ultimi duetre anni. Gli interventi su questo tema, di tipo regolamentare (in Inghilterra e Australia), legislativo (Germania)o congegnati con intese tra gli operatori sugli investimenti (Francia) sono tutti del 2006 e 2007. L'Authority nel suo documento cita con interesse l'esperienza francese. Qual è il suo parere? È evidente che in alcune aree del Paese, quelle metropolitane di maggior pregio,può essere utile immaginare una competizione tra reti. Ma in altre zone, almeno per la parte fondamentale di scavo, sarebbe utile vedere se i gestori intenzionati a investire sono interessati a una forma di condivisione che in Francia ha dato esiti positivi.Al momento soprattutto due sembrano gli operatori che puntano su infrastrutture estese, Telecom e Fastweb, ma non è escluso che se ne aggiungano altri. Quello degli investimenti condivisi sarà un tema centrale del lavoro dell'Autorità, così come le strategie e le soluzioni di pricing per remunerare il capitale che sarà investito. Per la rete di accesso si parla di divisione separata,sul modello inglese, ma anche di una vera e propria newco. Qual è la soluzione migliore? Ho detto in Parlamento che il Governo non ha una preferenza. La scelta emergerà dal confronto con l'Authority. Naturalmente la separazione societaria dovrà comunque essere condivisa. Non c'è nessun dubbio che una società può essere più in grado di stimolare investimenti ulteriori, ma è anche vero che la separazione funzionale offre un grande vantaggio dal punto di vista della flessibilità edeitempi. A una prima lettura, da quanto risulta, Telecom ha giudicato troppo restrittive le misure allo studio dell'Autorità. Il dialogo si complica? I vertici di Telecom in tutti questi mesi hanno sempre dimostrato grande disponibilità. Lo ha fatto Tronchetti Provera per primo nel cda dell'11 settembre formalizzando l'intenzione di arrivare alla separazione. Lo ha fatto anche l'ex presidente Guido Rossi e ne ho avuto conferma come intenzione dal neo presidente Pasquale Pistorio. Molto dipenderà anche dal nuovo management.C'è davvero bisogno di un Marchionne dei telefoni? Il management deve avere le caratteristiche che gli azionisti riterranno più opportune. Il Governo non entra in questo tema, di certo la conquista di una stabilità consentirà anche al management di lavorare con un fiato un po' più lungo rispetto a quanto successo da settembre a oggi. Oltre a una rete più evoluta, che cosa si aspetta dalla nuova Telecom? Negli ultimi anni c'è stato un ridimensionamento della presenza internazionale che ora credo sia giusto interrompere. In attesa che la rete italiana esprima al massimo le sue potenzialità, bisognerà investire soprattutto nel mobile fuori dall'Italia e conservare gli investimenti nella banda larga europei ed extraeuropei. A un mese dall'inizio delle trattative con At& t e America Mòvil continuano le accuse di interventismo e di trame troppo strette tra politica e banche.Farebbe autocritica su qualcosa? Ho sentito tante accuse infondate. Fino a quella —ridicola —di spaventare gli investimenti esteri in un settore come le tlc, dove abbiamo investitori inglesi, egiziani, cinesi e ora anche svizzeri e spagnoli. Non credo che esista un Paese in cui ci sia disinteresse pubblico per il destino della più grande azienda privata e dell'azienda che gestisce l'infrastruttura di tlc. Ma se esistesse, non sarebbe certo un Paese in cui mi piacerebbe vivere: un dibattito pubblico non solo era legittimo, ma doveroso. In questo dibattito il Governo si è limitato a indicare alcuni interessi generali del Paese.Se invece parliamo di atti concreti, il Governo non ha interferito ma ha fatto ciò che è un must per una politica liberale:ha rafforzato i poteri dell'Autorità indipendente di regolazione. Quanto alle banche,escludo che siano intervenute per salvare il tricolore, ma hanno valutato di entrare in un'azienda di grandi potenzialità. Ci può essere una discussione, che è giusto aprire,sulla maggiore o minore ristrettezza del nostro mercato dei capitali e quindi se il ruolo delle banche sia maggiore rispetto ad altri Paesi comparabili al nostro.Ma è un altro conto far finta di non vedere che gli asset di quasi tutte le grandi compagnie telefoniche nel mondo non sono controllati da famiglie di industriali ma dal mercato dei capitali. Per Telefonica in Italia si tratta di un ritorno. Era già entrata investendo in Ipse, l'operatore Umts che non ha mai avviato il servizio.Per quell'avventura,tra altro, allo Stato Telefonica deve quasi 300 milioni di euro su cui esiste una fideiussione mai incassata. Come andrà a finire? Non vedo rapporti tra le due questioni, ma certamente seguiamo con grande attenzione l'evoluzione della vicenda di Ipse.
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